La crisi di SVB e i licenziamenti di Big Tech sono collegati: è il modello economico di fondo che non regge

Sono due eventi che, cronologicamente, non coincidono. Ma che hanno una ragione di fondo: la mancanza di esperienza sulle oscillazioni dei cicli economici

15/03/2023 di Gianmichele Laino

Le grandi aziende di Big Tech hanno iniziato a rendersi conto di non riuscire a raggiungere gli obiettivi di ricavo già alla fine del 2022. E – in quel momento storico – hanno deciso di fare una cosa molto precisa: licenziare buona parte dei loro dipendenti. Questi esuberi si sono concretizzati già nei primi mesi del 2023 e hanno rappresentato un fenomeno di portata globale. Dunque, si potrebbe dire, le grandi aziende del digitale, quelle che – da sole (con riferimento al dato del 2021, quindi successivamente c’è stata sicuramente una crescita maggiore) – hanno un fatturato che si può quantificare in 7,1 trilioni di dollari, hanno iniziato la loro crisi molto prima di quella di una banca, come la Silicon Valley Bank, che ha tra i suoi clienti esclusivamente startup che operano nel settore del digitale e della tecnologia. Eppure, la crisi SVB è un elemento di collegamento rispetto a quanto detto in precedenza.

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Crisi SVB e licenziamenti di Big Tech, qual è il collegamento

I licenziamenti delle Big Tech derivano da piani di assunzione fatti in un periodo, come quello della pandemia, in cui l’utilizzo degli strumenti digitali si è davvero moltiplicato e ha determinato una nuova urgenza nell’aumentare la produzione. Tuttavia, proprio la rapidità con cui è avvenuto questo processo ha determinato una superficialità nella modalità di gestire queste risorse anche quando, inevitabilmente, post pandemia l’utilizzo dei servizi digitali non è stato più quello del 2020 e del 2021. 

La crisi di SVB, analogamente, è stata determinata da un errore di valutazione. Le startup del digitale non hanno mai avuto problemi con gli investimenti, perché il prezzo del denaro è stato – in questa fase di ciclo economico positivo – molto basso e abbordabile. Nel momento in cui l’inflazione è aumentata e i tassi d’interesse imposti delle banche centrali si sono alzati, ecco che anche le startup del digitale hanno conosciuto una congiuntura economica non positiva. Hanno fatto una corsa ai depositi e hanno determinato la chiusura della 16ma banca degli Stati Uniti che, a quel punto, non poteva più fronteggiare in autonomia i suoi problemi di liquidità.

Errori di valutazione da una parte, errori di valutazione dall’altra. Ma con un minimo comune denominatore: il fatto che giovani generazioni di imprenditori – che formano lo zoccolo duro sia degli startupper, sia delle aziende di Big Tech – non abbiano mai avuto a che fare con le fasi remissive dei cicli economici e che, in questo 2023, si prepara il primo grande momento di difficoltà per un mercato che, fino a questo momento, ha vissuto soltanto sulla cresta dell’onda. Coltivando così un falso senso di onnipotenza rispetto al proprio business.

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