Chi lavora con gli NFT vede quella di “crisi degli NFT” come una definizione semplicistica

Giulio Bozzo, CEO e founder della prima galleria di cryptoart italiana (Reasoned Art), ci ha fornito il suo parere su quello che sta succedendo nel mondo degli NFT

02/10/2023 di Ilaria Roncone

Cosa significa quello che emerge dal rapporto di dappGambl per gli addetti ai lavori? Abbiamo provato a chiederlo a Giulio Bozzo, founder e CEO di Reasoned Art (prima galleria di cryptoart italiana con patrocinio del Comune e della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio di Milano che, tra le altre cose, ha portato l’Arco della Pace di Milano nel mondo degli NFT). Una cosa appare chiara: l’andamento degli NFT e, in generale, di fenomeni così complessi non è facile da capire. E se sui giornali si parla di crisi e di crollo – in riferimento al valore delle opere possedute grazie agli NFT e all’eccessiva offerta rispetto alla domanda -, Bozzo rimane cautamente ottimista poiché sceglie di basarsi sul lungo termine e sul cambiamento che una tecnologia può portare in diversi decenni.

Partiamo dalla definizione stessa di NFT, che per i più rimane qualcosa di difficilmente afferrabile: «L’NFT è un certificato di autenticità digitale: è l’oggetto che è stato certificato che ha un valore economico, non l’NFT. Bisogna educare e formare al fine di comprendere i meccanismi di questo nuovo ecosistema altrimenti sembra che l’NFT sia un titolo azionario».

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«Parco mediatico sulla parola NFT e sull’utilizzo di questa tecnologia»

«Sono nel mondo degli NFT dal 2019 – ha esordito Giulio Bozzo ai microfoni di Giornalettismo -, e dopo la vendita da 60 milioni di Beeple nel Marzo 2021 avevamo già intuito che qualcosa di particolare stesse accadendo e che i volumi di vendita fossero insostenibili. L’hype mediatico ha influenzato la crescita vertiginosa del fenomeno. Ciò su cui bisogna focalizzarci è il target di clientela che spero possa evolversi dal trader alle persone comuni. Le oscillazioni di mercato fanno parte del gioco e del ciclo che si trova ancora nelle sue fasi embrionali. Dall’altro lato, credo che questo non dovrebbe essere il metro di paragone dell’utilizzo di una tecnologia – il suo minor valore finanziario e tecnologico al momento in cui si parla – ma le implicazioni e le applicazioni che queste tecnologie stanno portando».

Il CEO di Reasoned Art spinge a ragionare sotto un altro punto di vista: «Il tema qui è quali sono gli oggetti digitali, gli asset digitali che vengono certificati: quali sono i player che li hanno creati, quali le strategie e quali i piani di sviluppo di quell’azienda, ente o persona singola che ha creato l’oggetto digitale. Questo è il fulcro della questione, guardare a quello che è l’applicazione in sé e non solo a “oggi vale 10, domani 2” e – ovviamente – questo implica tanto anche sul target di persone che, come sappiamo e come ribadiamo anche noi da tempo, sono coloro che arrivano dal mondo delle criptovalute e che hanno visto negli NFT un modo per diversificare il proprio portafoglio. Cosa che, ovviamente, ha stretto sempre più in una nicchia questo fenomeno».

Gli NFT sono stati, finora, fenomeno di nicchia: perché?

Quante sono le persone che possiedono NFT? Proprio stando al rapporto che tutti citano, si parla di qualche decina di milioni di persone che possiedono NFT certificati. «Perché non è uscito a livello mainstream finora? Perché sicuramente i layer di applicazioni sono molto complicati. L’utente deve avere un wallet, deve avere delle criptovalute, deve ragionare e pensare su parametri e termini che – ad oggi – sono molto complicati. Noi abbiamo lanciato un’app – Monuverse – che si occupa di facilitare l’acquisto di souvenir digitali certificati da NFT ma evitando di parlare del termine tecnico al fine di concentrarci sui bisogni reali dell’utente. L’utente, quindi, non deve avere né wallet né critpovalute ma acquista un asset, come lo facesse su Amazon, e la tecnologia si trova nel backend. Anche qua c’è tutto un discorso da fare: la tecnologia non è il fine ma il mezzo che abilita a determinate cose, quindi secondo me c’è tanta voglia di demonizzare sbagliando, si sbagliano anche i concetti essenziali perché l’NFT è solamente un certificato, non un titolo azionario. Cos’è l’oggetto certificato? Quella è la domanda che dobbiamo farci, oltre a qual è il target che compra», spiega Bozzo.

Il parallelismo con internet quando era al suo inizio

Rispetto al calo in termini di valore dei beni digitali coperti da NFT Bozzo ci ha fornito il suo parere: «Il tema è quello che, come per tutte le cose nuove, c’è prima la speculazione. Vengono prima tutti quegli elementi che fanno sì che la tecnologia sia demonizzata e basta vedere l’esempio semplice e banale di internet, la bolla delle dot-com (bolla speculativa sviluppatasi tra il 1997 e il 2000 n.d.R.) e, secondo me, ci troviamo sempre in quel tipo di contesto perché alla fine è tutto un ciclo: nasce la tecnologia, tante persone la scoprono – come accaduto con internet alla fine degli anni ’90 -, e alcuni la sfruttano per influenzare altre persone e fare profitti in breve tempo con i cosiddetti progetti scam, vale sempre il detto homo homini lupus est (ossia che gli uomini tendono ad ostacolarsi l’un l’altro)».

«Oggi internet è diventato qualcosa di cui non possiamo fare a meno – prosegue Bozzo -. Serve il tempo per un cambio di prospettiva, per un cambio generazionale, per capire quanto questi asset digitali – a partire dai nostri dati arrivando alle nostre proprietà – saranno veramente il futuro. Il discorso, secondo me, è più da lasciare sul lungo termine e non sul breve termine. Ovvio però che se uno fa business, questo ha delle implicazioni: tutto dipende da quale prospettiva vogliamo vederla. Dal lato finanziario degli ultimi tre mesi o sul cambio di prospettiva, di mentalità, cambio a livello economico nell’arco di 30, 20, 10 anni».

Cosa sia un NFT molte persone non l’hanno ancora capito

L’impressione, per ora, è che le persone non afferrino neanche appieno il significato di NFT e di ciò che, acquistandolo, si va a possedere: «Il tema vero è che io, come utente, non devo neanche sapere cosa sia un NFT. Io un giorno saprò che i miei asset sono certificati su blockchain e fine. Come quando mando una mail a te, non so come funziona o cosa succeda in backend. Però sono sicuro che quella cosa che sto facendo porta un messaggio da A a B». Lo stesso discorso che vale, a ben pensarci, per la PEC: la posta elettronica certificata la maggior parte degli utenti non sanno come funzioni, ma si fidano e si affidano a quella tecnologia pur non comprendendola.

C’è un punto fondamentale, una sorta di blocco nella mente delle persone: non è così facile comprendere il valore di qualcosa che viene pubblicato su un sito da chi lo possiede ma che, effettivamente, può essere screenshottato e riprodotto infinite volte, modificato per diventare un meme o una GIF e così via. Si tratta di azioni che possono essere compiute anche, per esempio, con la Gioconda ma – in quel caso – sappiamo che esiste fisicamente e che c’è un luogo dove possiamo recarci per vederla.

«Anche l’arte digitale può vivere nei musei ed essere elevata culturalmente – cosa già successa con il Pompidou e altri musei di livello internazionale. Si tratta solo ed esclusivamente della museificazione del determinato asset, che sia fisico o digitale. Quella è solamente una percezione che quelle persone hanno. La museificazione dell’asset, insieme alla storicizzazione, porta a dire che quella determinata opera è un capolavoro poiché l’arte è molto aleatoria, tutto è soggettivo. Dall’altro lato un certificato digitale dell’NFT ti dà la possibilità in termini di diritti – economici, commerciali e via dicendo – di avere l’ownership. Quindi io posso pure fare il download di un certo asset digitale, ma in effetti non ce l’ho: l’NFT ti dà tutti i diritti connessi».

Ci lasciamo con il founder di Reasoned Art cercando di capire dove andremo a parare: «Sono ottimista? Si tratta di qualcosa che avevamo già visto dall’inizio, dal 2019, e non siamo stati sorpresi. Il tema è complicato e il discorso è molto ampio ma io credo in questa tecnologia ma, come in tutto, contino le tempistiche di applicazione sul mercato: il passo vero è che diventi mainstream, che non rimanga solo tra trader e amanti della tecnologia».

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