L’infettivologo del Sacco Massimo Galli: «In 42 anni, non ho mai visto l’influenza stravolgere i reparti, il coronavirus è diverso»
01/03/2020 di Redazione
Il mondo dell’immunologia ha, negli ultimi tempi, fatto spesso un confronto tra coronavirus e influenza. In alcuni casi, c’è stato anche chi ha parlato – come l’immunologa del Sacco Maria Rita Gismondo – di una malattia che è poco più di un’influenza, ma in altri – si veda, uno fra tutti, Roberto Burioni – si è sempre messa in guardia la popolazione sulle reali potenzialità di questa malattia. Oggi, conferma questa seconda ipotesi anche il primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano Massimo Galli. Quest’ultimo si trova a gestire un’emergenza che, in questo momento, è soprattutto strutturale, con i reparti congestionati dai tanti casi che si stanno moltiplicando nelle ultime ore.
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Confronto tra coronavirus e influenza, le parole di Massimo Galli del Sacco
Intervistato dal Corriere della Sera, Massimo Galli ha smentito la notizia che si possa fare un confronto tra coronavirus e influenza. «In quarantadue anni di professione – ha detto l’infettivologo – non ho mai visto un’influenza capace di stravolgere l’attività dei reparti di malattie infettive. La situazione è francamente emergenziale dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria».
Ovviamente, il punto di vista – in questo caso – non fa riferimento esclusivamente ai sintomi. Prende in considerazione una serie di questioni, dalla diffusione delle paure legate al coronavirus, alla gestione dei casi nei vari reparti ospedalieri. Proprio quest’ultimo aspetto, al momento, risulta essere il più preoccupante: «In Lombardia erano 85 i posti letto occupati da malati intubati con diagnosi di Covid-19, una fetta molto importante di quelli disponibili». Senza contare il fatto che il coronavirus presenta una manifestazione di sintomi molto più peculiare dell’influenza, avendo tempi di incubazione piuttosto lunghi.
Sempre Massimo Galli ha affermato che questo numero molto alto di contagi sia dovuto, in realtà, a una diffusione del virus di gran lunga precedente rispetto ai primi casi accertati. E che questo fenomeno, molto probabilmente, avverrà (e i numeri lo stanno già dimostrando, con i 100 contagi in Francia e gli oltre 70 in Germania) anche in altri Paesi d’Europa. Una situazione che l’infettivologo non augura a nessuno, perché le diffioltà del sistema sanitario italiano nel fronteggiare questa epidemia sono evidenti. Non certo per la professionalità, quando per la logistica più spicciola.
Confronto tra coronavirus e influenza: differenze
Quali sono dunque le differenze in un confronto tra coronavirus e influenza? Innanzitutto, occorre distinguere tra sintomi e contagi, oltre che sui trattamenti specifici. Dal punto di vista dei sintomi, c’è una certa familiarità, nel senso che anche il coronavirus è caratterizzato da febbre e difficoltà respiratorie che, nei casi più gravi, può portare a serie infezioni polmonari. Il contagio, tuttavia – in base a quello che abbiamo visto in questi ultimi giorni -, dovrebbe essere più pronunciato, mentre la mortalità è significativamente superiore: attualmente il tasso del coronavirus è vicino al 2%, mentre – normalmente – quello dell’influenza è dell’1% o inferiore. Il fatto che non si sia ancora trovato un farmaco che combatte il coronavirus e il fatto che non esista un vaccino (cosa che, invece, è presente per l’influenza) porta i reparti ospedalieri a essere invasi anche da quei pazienti con sintomi lievi. Per questo le differenze tra coronavirus e influenza sono molto marcate e ha senso solo fino a un certo punto fare un confronto tra loro.
Confronto tra coronavirus e influenza: le opinioni di Maria Rita Gismondo
Il confronto tra coronavirus e influenza è stato portato avanti anche da Maria Rita Gismondo, immunologa sempre dell’ospedale Sacco. Quest’ultima ha affermato che i casi di coronavirus, in percentuale, sono solo leggermente superiori a quelli dell’influenza: «Ad oggi in Italia abbiamo avuto 1049 casi positivi, di cui 615 in Lombardia, e 29 deceduti – ha detto a Sky Tg 24, parlando del coronavirus -. Ma stiamo parlando di 615 positivi su circa 5723 tamponi. I ricoverati sono stati 256 e circa 80 in terapia intensiva. Facciamo sempre giustamente il paragone con l’influenza e cito solo dei numeri: dal 14 ottobre 2019 al 9 febbraio 2020 abbiamo avuto 5 milioni e diciottomila casi, cioè il 9% della popolazione italiana con picchi massimi del 15%, con 300 morti dirette e da 4000 a 5000 indirette. Non voglio sminuire l’attenzione che c’è attualmente, ma la problematica rimane come una casistica appena superiore dell’influenza stagionale». Su un punto, però, concorda in pieno con il primario del Sacco Galli: «Il problema è più di organizzazione sanitaria, perché stiamo avendo in un periodo molto breve molti casi critici. La reale problematica non è quella di pandemia, ma è quella di rispondere in un periodo molto breve a ricoveri in terapia intensiva».