Siamo il Paese in cui meno della metà dei suoi abitanti ha le competenze digitali di base

Il report dell'Istat non lancia un messaggio incoraggiante nella fine del 2023, nonostante molti investimenti del Pnrr siano destinati ad aumentare le competenze (e i servizi) digitali in Europa

22/12/2023 di Gianmichele Laino

C’è una forte contraddizione di base in Italia, che potremmo estendere a una visione complessiva nell’Unione Europea. Mentre da un lato la seconda voce del Pnrr più sostanziosa – almeno nelle premesse – dovrebbe essere quella a favore dell’erogazione dei servizi digitali nei Paesi UE, dall’altro lato siamo di fronte a un Paese che non sembra avere dalla sua il terreno fertile per poter accogliere e beneficiare di questi servizi digitali, a causa della sua debole educazione in questo senso. Basta dare uno sguardo ai numeri. Il Pnrr prevede, nel complesso, investimenti da 191 miliardi di euro. Com’è noto, buona parte di questa cifra (ovvero 59 miliardi) sono destinati alla transizione ecologica; subito dopo, invece, nella lista compare la transizione digitale (con 40 miliardi, che dovrebbero coprire anche l’innovazione e la cultura). Possibile che un Paese che, in quest’anno e nei prossimi, investirà 40 miliardi per migliorare le infrastrutture digitali della pubblica amministrazione ci sia invece solo un 47,5% di popolazione che ha le competenze digitali di base? È il frutto di un’analisi dell’Istat che, al termine del 2023, non lancia propriamente un buon segnale.

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Competenze digitali in Italia, l’analisi impietosa dell’Istat

Innanzitutto, partiamo da una definizione. Le competenze digitali di base, rispetto a quanto previsto dal quadro normativo europeo, consistono nel recuperare, raccogliere, organizzare, valutare e classificare informazioni; nell’utilizzare canali di comunicazione digitale; nella produzione e nella modifica di contenuti; nella basilare applicazione di principi di sicurezza informatica; nell’utilizzo degli strumenti digitali per la risoluzione di problemi. Poi, dobbiamo cercare di descrivere il target del sondaggio condotto dall’Istat: l’istituto di statistica, infatti, ha misurato le competenze digitali di base dei cittadini italiani d’età compresa tra i 16 e i 74 anni. Sicuramente, anche nelle fasce d’età più basse, il fatto di essere nativi digitali potrebbe aumentare i livelli di competenze digitali di base. È pur vero, però, che persone d’età superiore ai 74 farebbero da contraltare a questa tendenza. Dunque, è stato scelto un campione compreso tra i 16 e i 74 anni per avere un dato abbastanza rappresentativo.

L’esito, come detto, è deludente: il 47,5% delle persone hanno competenze digitali di base, una percentuale inferiore di quasi dieci punti rispetto alla media europea. Ma non è questo il dato peggiore: l’obiettivo che l’Unione Europea si è prefissata per il 2030 è che i suoi cittadini possano raggiungere la percentuale dell’80% per quanto riguarda le competenze digitali di base. Questa soglia, al momento, è molto lontana. Anche perché, nonostante il trascorrere del tempo, i risultati sulle competenze digitali di base degli italiani non sono così distanti da quelli registrati da uno studio simile nel 2021. Insomma, nonostante due anni di Pnrr e di investimenti nel digitale, la situazione è ancora abbastanza critica.

Ovviamente, ci sono aree del Paese che sono più avanti (ma non di moltissimo) rispetto ad altre. Provincia Autonoma di Trento (56,5%), la Lombardia (53,1%), il Lazio (51,4%) e l’Emilia Romagna (51,3%) sono le aree più avanzate nelle competenze digitali di base dei loro cittadini. Calabria e Campania (che si attestano intorno al 32%) sono invece quelle più arretrate. Non è un mistero, poi, che la fascia d’età 20-24 sia quella in cui si registra la percentuale più alta delle competenze digitali (supera il 60%). Tuttavia, il dato è comunque distante dall’obiettivo dell’80% che l’UE ha fissato per il 2030: non un buon segnale, dunque, nemmeno dalle generazioni native digitali.

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