L’importanza delle startup del digitale per i giovani italiani

L'intervista a Marta De Vivo, giornalista che ha analizzato di recente l'ecosistema delle startup italiane. Il punto di vista di una 22enne che ha anche avviato una startup

29/11/2023 di Gianmichele Laino

L’analisi critica di una giovane giornalista, lo spirito di intraprendenza e la speranza di una startupper. Marta De Vivo, che Giornalettismo ha intervistato, racchiude queste due anime. È proprio a lei che abbiamo voluto chiedere delle informazioni a proposito dell’ecosistema delle startup – soprattutto quelle del digitale – in Italia. Lo abbiamo fatto perché recentemente Marta De Vivo ha pubblicato per Fortune un’analisi di quella che lei ha definito la Silicon Valley under 30 del nostro Paese. Lo abbiamo fatto perché lei stessa, 22 anni, ha avviato un progetto imprenditoriale di questo tipo (Earendel Next, un incubatore giovanile che avvicina i ragazzi al mondo delle startup), toccando con mano anche le difficoltà burocratiche che, oggi, un giovane deve affrontare in Italia prima di avviare una startup.

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Startup italiane e giovani, il punto di vista di Marta De Vivo

Si parte da un dato: nel 2023 abbiamo registrato un numero di startup in Italia che è pari a 14mila. Diciamo, quindi, che è stato fatto un primo passo in avanti nella creazione di un sostrato culturale che ha in questa forma di imprenditoria sicuramente un punto di riferimento.

«Da uno a cinque, direi che l’educazione digitale nella crescita di una startup innovativa vale 10 – spiega Marta De Vivo -. L’educazione digitale permette alle persone di accedere a opportunità e risorse. Inoltre, aiuta il team e i founders ad avere più competenze e a evolversi». Fondamentale, dunque, la creazione di una coscienza collettiva che possa basarsi sui principi della sicurezza digitale, che possa sfruttare i nuovi media per tutte le varie sfumature della comunicazione, che possa avere a disposizione gli strumenti tecnici per far crescere un business, renderlo scalabile e sostenibile.

I settori del 4.0 e dei facilitatori digitali – ha scritto Marta De Vivo su Fortune – sono sicuramente quelli che rappresentano gli ambiti su cui puntare per le startup italiane. Questo nonostante qualche intoppo di natura burocratica, atavico problema del nostro Paese che non riesce a essere scalfito nemmeno dalla struttura agile di una startup: «In Italia – ci spiega Marta De Vivo -, in fase embrionale bisogna recarsi dal notaio. Per fare un’azione del genere, in media, c’è bisogno di una cifra pari a 3mila euro, che non è indifferente per un giovane che voglia iniziare a fare impresa. Gli ostacoli burocratici rallentano questo Paese che, in realtà, ha tanto bisogno di innovazione».

Occorre, inoltre, individuare dei canali privilegiati che possano mettere in contatto le startup con gli investitori che possono e vogliono puntare su nuovi business. «Bisogna un po’ fare la trottola – spiega Marta De Vivo -: significa presenziare a eventi, fare network, utilizzare delle piattaforme come Angellist. Ce ne sono tantissime». Nell’ultimo caso, si tratta di quei luoghi virtuali che creano una connessione diretta tra la startup e angel investor o soci accomandanti: anche in Italia si stanno iniziando a intravedere delle possibilità per il loro utilizzo.

Ma la Silicon Valley non sembra essere proprio a portata di mano: «La mentalità dell’innovazione e dell’imprenditoria innovativa negli Stati Uniti c’è da più tempo. Inoltre, anche gli investimenti sono più sostanziosi. In Italia, sicuramente, abbiamo una genialità solo nostra, unica, una storia imprenditoriale pazzesca. Ci servono dei fondi in più, voglia in più di studiare e di investire nell’innovazione. In questo caso, non avremmo nulla da invidiare alla vera Silicon Valley».

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