Il caso di sextortion in Spagna dimostra quanto sia facile farlo anche per un minorenne

I social, un'app che permette di creare un deepnude e una chat: questo è tutto quello che basta per mettere in atto la sextortion. Tutto quello che, evidentemente, è a portata di mano per qualunque minorenne

25/09/2023 di Ilaria Roncone

Quello che è avvenuto in Spagna – come abbiamo precedentemente accennato negli altri articoli del monografico che stiamo dedicando alla vicenda – è a tutti gli effetti un caso di sextortion. Di base, la sextortion è un tipo di estorsione utilizzata da criminali che adescano persone sconosciute sul web spingendole, con l’inganno, a condividere materiale intimo (o, ancora, avendolo ottenuto in altro modo) per poi ricattarle chiedendo denaro in cambio della non condivisione su internet di quel materiale. Quello che è avvenuto in Spagna, però, è un caso di sextortion ancora più subdolo perché l’età delle persone coinvolte – sia quella delle vittime che quella dei carnefici – è tragicamente bassa.

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Perché si può parlare di sextortion per il caso dei deepnude in Spagna

La vicenda è stata ampiamente raccontata dai giornali spagnoli, in primis. In particolar modo, El Pais – nel lungo pezzo dedicato alla faccenda – riporta dialoghi e conversazioni tra le ragazze e le madri che sono state coinvolte. Le ragazze colpite sono molte, tra le 20 e le 30, e la vicenda ha assunto tratti sempre più chiari grazie anche a un gruppo Whatsapp creato dalle madri delle adolescenti coinvolte. Una madre, in particolare, ha raccontato di aver scoperto del tentativo di sextortion di cui la figlia è stata bersaglio. La ragazzina (12 anni) ha riferito alla madre non solo di essere a conoscenza dell’esistenza di una sua foto nuda ma le ha mostrato la conversazione avuta con uno dei ragazzi accusati su Instagram. Alla richiesta del ragazzo di ricevere soldi la giovanissima ha detto di no e lui, per tutta risposta, ha inviato una fotografia di lei nuda. A questo punto, la ragazzina ha bloccato il contatto – come ha testimoniato la madre -. La polizia ha sostenuto, parlando con la madre, che dietro questa richiesta si nasconderebbe un profilo falso.

Le foto frutto dell’inserimento nell’applicazione usata di fotografie facilmente reperibili sui social, quindi, sono state utilizzare per chiedere soldi con la minaccia di farle finire sul web. A tal proposito, occorre fare una riflessione sull’estrema semplicità con la quale vengono a galla realtà del genere e su come queste applicazione, altrettanto semplicemente, possano finire in mano a quelli che sono poco più che bambini.

L’insostenibile leggerezza dell’essere (AI)

Siamo arrivati in un mondo in cui, dunque, nascono e si diffondono ampiamente progetti come quello dietro l’applicazione che ha permesso tutto questo senza che ci sia un concreto intervento da parte di istituzioni e governi (un intervento concreto, si intende, prima che con queste tecnologie – in particolar modo con una che promette di spogliare le donne in maniera tanto esplicita – si possa passare all’azione).

Dall’altro lato, ci troviamo di fronte a dei ragazzini. Ragazzini con in mano strumenti che possono amplificare le loro azioni in maniera esponenziale rispetto a prima, quando l’atto di bullismo feriva, sì, ma rimaneva relegato nella realtà di un determinato gruppo (di amici, di classe, di scuola). E senza un’adeguata educazione al consenso, all’affettività, alla sessualità e tutto quello che – in Italia e non solo – troppo spesso manca ai ragazzini, il rischio è che chi si macchia di tali azioni non comprenda per nulla le conseguenze di quello che sta facendo. Fermo restando, ovviamente, che questa non è una giustificazione e che gli adulti – dai genitori ai docenti – devono educare al digitale e interessarsi maggiormente di ciò che i ragazzini fanno in quel mondo.

Quanto alle aziende che creano strumenti del genere, è il momento di dirlo chiaro e forte: basta. Inutili le deboli giustificazioni che si possono trovare nei regolamenti (solo uso persona e non commerciale del materiale, chi genera le foto è l’unico responsabile di quel contenuto, chi usa lo strumento accetta che le immagini non violino diritti d’autore, marchi o altri diritti di proprietà intellettuale di terzi) o le lacrime di coccodrillo che (solo eventualmente) possono arrivare dopo episodi del genere.

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