La madre di una delle vittime, ginecologa e divulgatrice su Instagram, sensibilizza gli utenti sul tema

Miriam Al Adib Mendiri sta sfruttando i suoi canali per parlare della vicenda, evidenziando come sia frutto di un sistema sbagliato, portandola all'attenzione del mondo intero

25/09/2023 di Ilaria Roncone

Si chiama Miriam Al Adib Mendiri, è dottoressa ginecologa, scrittrice e insegnante. Ed è anche la madre di una delle giovanissime vittime coinvolte nel caso di sextortion spagnolo che ha riempito i giornali del Paese e che, inevitabilmente, è passato all’attenzione della stampa estera per le sue implicazioni. La storia ve l’abbiamo raccontata, alla base c’è sempre lei: l’intelligenza artificiale. AI che, in questo caso, è stata utilizzata per creare un’applicazione che ha il solo e unico scopo di spogliare in maniera artificiale le donne.

Oltre a tutto ciò che abbiamo già detto, Miriam Al Adib Mendiri è anche una influencer che può contare – per quanto riguarda Instagram – su 136 mila persone che la seguono. Persone che, nell’ultima settimana, si sono viste recapitare in bacheca contenuti di denuncia e divulgativi rispetto a quello che è successo a sua figlia minorenne.

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Il caso di sextortion divulgato da Miriam Al Adib Mendiri

Parlando di sextortion ci riferiamo – come nel caso spagnolo – a una estorsione di tipo sessuale o a una minaccia di tipo sessuale che vede la vittima ricattata sfruttando suo materiale sessualmente esplicito (nel caso specifico, totalmente falso perché frutto dell’azione di un’intelligenza artificiale).

«Se non conoscessi il corpo di mia figlia, questa foto sembrerebbe reale»: questa è una delle frasi dette dalla ginecologa influencer su Intagram per spiegare quanto accaduto. Negli ultimi sette giorni Mendiri ha sfruttato la sua pagina e la sua audience in diversi modi: per attenzionare le altre madri alle cui figlie può essere capitato; per fare appello a chi ha creato questa applicazione affinché agisca per rimediare a quanto successo; per evidenziare come, unendosi e facendo rete, i ragazzini che hanno agito in questo modo e che potenzialmente potrebbero agire in questo modo capiscano che ci sono delle conseguenze.

 

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Un post condiviso da Dra. Miriam Al Adib Mendiri (@miriam_al_adib)

Nei post più recenti la dottoressa sottolinea come non si debba tanto puntare a mettere alla gogna i ragazzini responsabili e le loro famiglie quanto a capire che questo è un problema della società tutta che come società tutta va affrontato («Bisogna fare un lavoro a casa non dando cellulari con accesso a internet ai bambini né lasciare aprire i social network dove pubblicano tutta la loro vita e foto senza alcun controllo, perché controllare quello che c’è là fuori è più difficile», scrive in uno dei post).

Ora, come in qualsiasi altro caso di questo genere, il massimo timore delle vittime e dei genitori è che queste foto finiscano in rete (a partire dai siti porno). Lì dove, come sappiamo bene, potrebbero rimanere per tutta la vita delle vittime, andando a creare un’impronta digitale e una reputazione web facilmente rintracciabile che potrebbe influenzare negativamente il loro futuro.

Il caso fortuito della mamma influencer

Questa storia porta a sviluppare un ragionamento: proprio il fatto che ad essere coinvolta nella vicenda sia la figlia di una celebre ginecologa social spagnola ha fatto sì che la stampa spagnola puntasse velocemente i propri riflettori sulla questione. Qualcosa che, a ben vedere, avviene anche in Italia – e in tutto il mondo – poiché da anni, spesso e volentieri, i social sono come agenzie di stampa, ambienti in cui i giornalisti si muovono per cercare notizie.

Cosa sarebbe accaduto se, invece, ad essere coinvolti nella vicenda fossero stati genitori che non sono influencer? Casi come questo ce ne sono moltissimi. Casi che rimangono relegati alla cronaca dei singoli territori o, ancora, che non emergono proprio – salvo quando giornalisti e divulgatori scandagliano i social su vasta scala, aiutati dall’algoritmo che hanno addestrato affinché presenti loro contenuti di questo tipo -. A confermare la vicenda sono anche i dati: prendiamo, per esempio, quelli più recenti forniti dalla Polizia Postale nell’ambito della sextortion che confermano come – solo nel nostro Paese – «nel mese di agosto 2023 le segnalazioni di casi di sextortion (letteralmente “estorsione sessuale”) ricevute dalla Polizia Postale sono state oltre un centinaio, in danno di adulti e di minori».

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