La critica all’influencer marketing, per la stampa, è solo «ClioMakeUp in lacrime»

O «le lacrime di ClioMakeUp», come si preferisce, fatto sta che il sensazionalismo della stampa per fare clickbait sulla vita di una influencer conosciuta è parte di un problema strutturale profondo

06/03/2023 di Ilaria Roncone

Di ClioMakeUp si parla ormai da qualche giorno – sia sui social che sui giornali – per lungo video pubblicato sui suoi canali a cui ha scelto di affidare un lungo sfogo. Nei circa dieci minuti di video – che possiamo classificare come uno sfogo sui social pubblicato sui social – la celebre influencer del make up ripercorre quella che è stata la sua storia e l’utilizzo che lei, con il suo brand, ha fatto dei social ponendo l’attenzione su come l’ecosistema social sia cambiato moltissimo da quando lei ha cominciato (come ha raccontato Clio stessa ai microfoni di Giornalettismo in occasione di una puntata del format RAM, il suo successo è stato sancito dal canale Youtube che ha aperto nel 2008).

A partire da un sondaggio esterno in cui è stata messa a paragone con le altre realtà di beauty influencer in Italia, Clio Zammatteo non parla solo di se stessa e del suo specifico progetto ma – più in generale – parla del cambiamento nel meccanismo dei social e, raccontando quello che i giornali scrivono su di lei, anche di come stampa e personaggi social abbiano intrecciato tra loro un rapporto stretto.

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Al di là dello sfogo, ClioMakeUp evidenzia il cambiamento dei social

Il video parte paragonando la sua storia a quella delle altre aziende beauty ed evidenziando come lei e il suo team hanno scelto di procedere sin dal 2008: «Quando ho iniziato, il web era un luogo incolto e io e il mio team abbiamo iniziato, fatto una serie di tentativi, sbagliato, ci siamo rialzati». Il punto è che – evidenzia la beauty influencer – «negli ultimi anni ho visto che non riesco più ad essere la Clio di prima non per mancanza di passione ma perché il web e il mondo del beauty sono diventati un mondo di paura».

All’inizio, prosegue Clio, «dicevo cosa mi piaceva e cosa non mi piaceva e questo era quello che vi piaceva – afferma parlando direttamente con i follower -, non c’erano giornalisti e non c’erano freelance o altri che prendevano quelle parole e le attaccavano. Ora ho paura della verità perché qualsiasi cosa dica viene rigirata». La critica ai giornali è qualcosa che approfondiremo in un secondo momento, considerato che basta davvero poco per individuare il tenore dei titoli di giornale – dai blog alle testate più grandi – che hanno scelto di parlare del tema.

La critica che Clio fa è al modo che hanno alcuni di competere («La competizione volta a distruggere gli altri brand sui social») diventa, per forza di cose, una critica a quei meccanismo dei social che permettono che questo tipo di competizione possa svolgersi in questo modo («Io non agisco così e non creo un finto hype per fare più views e, di conseguenza, più soldi»). In particolar modo, la critica è rivolta agli italiani e al modo di fare impresa tramite social («il confronto con quello che fanno gli altri va bene ma in Italia parte il massacro di chi dice “questo prodotto c’è già”, ma tanto tutto esiste già e mettendo in commercio qualcosa di nuovo si tratta di innovare, di cambiare il mix di ingredienti»).

«Non ho voglia di combattere battaglie che ritengo inutili, non ho bisogno di demolire gli altri per far valere il mio – prosegue Clio -, voglio solo parlare alla mia community e confrontarmi con loro: sono persone reali che ogni giorno, come me, combattono e che hanno giorni di mer*da e giorni belli». Nel video, parlando del peso di essere il volto di un brand e di essere al comando di un’azienda, Zammatteo specifica come negli anni non abbia mai nominato altri perché ha scelto di non buttarsi nell’arena e di non fare comunicazione come fanno ora. Oggi, secondo Clio, gli influencer del beauty non dicono le cose come stanno (banalmente, quel prodotto mi piace e questo no) perché pur di fare views, avere contratti, guadagnare non darebbero ai follower la loro reale opinione: «Il mondo del web oggi è pieno di leccac*lo, piuttosto che parlare di qualcosa dicendo che è buono e il giorno dopo dirne, preferisco non parlarne».

I giornali che hanno raccontato il contenuto del video

Ad aver parlato di quello che, ben presto, è diventato “lo sfogo social di Clio” sono praticamente tutti i giornali. Dalle realtà editoriali più grandi a quelle più piccole, dai blog alle testate locali, tutti hanno deciso di parlarne con toni simili. Elenchiamo qualche titolo: «ClioMakeUp in lacrime: “Ho paura, la vita è veramente una m***a. Non voglio essere l’imprenditrice più f**a e ricca d’Italia…” – Video» (Gazzetta di Parma); «ClioMakeUp in lacrime, lo sfogo social: “Non posso più essere me stessa”» (La7.it); «ClioMakeUp in lacrime: “Quello delle influencer è un mondo di squali, non posso più essere me stessa”» (la Repubblica); «Clio Makeup in lacrime: “Vita di me***”. Il dramma della star italiana» (Libero Quotidiano); «Le lacrime di ClioMakeUp: “Non voglio essere la più figa o la meglio vestita. Voglio essere di nuovo me stessa”» (La Stampa); «ClioMakeup in lacrime sui social: la rivelazione che fa preoccupare i fan» (Il Giornale); «ClioMakeUp si sfoga in lacrime: “Ho paura di dire la mia”» (SkyTg24); «ClioMakeUp in lacrime: “Ho paura, la vita è veramente una mer*a. Non voglio essere l’imprenditrice più figa e ricca d’Italia, non me ne frega niente”» (Il Fatto Quotidiano).

titoli giornali ClioMakeUp

titoli giornali ClioMakeUp

titoli giornali ClioMakeUp

Quello che accomuna tutti questi contenuti è il riferimento alle lacrime di ClioMakeUp e il suo pianto è, spesso e volentieri, immortalato con uno screen del video in cui – considerata la durata – i momenti di pianto sono pochissimi. Un tipo di scelta, quella dei giornali, che evidenzia il tipo di rapporto che c’è tra influencer e stampa: i giornali scelgono di scrivere degli influencer – a prescindere anche dalla loro linea editoriale – perché, da personaggi noti, attirano l’attenzione dei lettori. Fare titoli che evidenzino le lacrime, le rotture, gli sfoghi, i moti emozionali degli influencer (e tutto quello che riguarda la loro vita privata) permette di generare click.

titoli giornali ClioMakeUp

titoli giornali ClioMakeUp

Tutta colpa dell’algoritmo

Facendo ancora un passo più indietro, volendo avere una visione di insieme, l’algoritmo dei social – negli anni – è cambiato spesso così come sono cambiati i social di riferimento (prima era Facebook, poi è arrivato Instagram, ora TikTok sembra prendere piede). C’è una cosa che però non cambia: ciò a cui puntano i social è fare visualizzazioni, aumentare le interazioni, tenere le persone quanto più possibile attaccate allo schermo perché da tutto questo deriva il loro guadagno.

Va da sé che competizioni come quelle tra influencer e brand sui social – soprattutto se i creator sono disposti a giocare alle regole di questo gioco, attaccando direttamente gli altri e pubblicando contenuti che spingono i follower a interagire tra loro e con i contenuti stessi – fanno bene all’ecosistema delle Big Tech.

Una catena che, allo stato attuale delle cose, viene sempre più analizzata e individuata in ogni suo anello. Una catena che, almeno per ora, sembriamo essere lontani dal poter spezzare.

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