Lo “strano” progetto imprenditoriale che aveva portato alla nascita di BuzzFeed News

Da una costola del portale madre (BuzzFeed) che tratta argomenti molto social-addicted, al Pulitzer del 2021. Fino alla chiusura annunciata nei giorni scorsi

24/04/2023 di Enzo Boldi

L’epilogo è amarissimo per quel che riguarda il mondo del giornalismo, ma è anche la cartina di tornasole di come i media si siano piegati agli algoritmi di Big Tech. La storia di BuzzFeed News si sta per concludere, come annunciato dal fondatore e Ceo Jonah Peretti, la sua avventura con la chiusura di uno dei portali online che nella storia dell’informazione moderna ha fatto più discutere. Perché BuzzFeed News – la “costola giornalistica” di BuzzFeed – non esisterà più, anche a causa dei social network. Nonostante i riconoscimenti mondiali – tra cui il Pulitzer nel 2021 – e la fama globale per alcune delle sue inchieste.

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Una storia a tratti paradossale, anche per le sue origini. Perché BuzzFeed News è nato nel 2011 grazie a un finanziamento molto particolare. Tutto è partito dal “portale madre” BuzzFeed (nato nel 2006): un sito in cui venivano (e vengono ancora) riportate curiosità che rientrano all’interno del contenitore “strano ma vero“. Dunque, un qualcosa di molto laterale rispetto al concetto di giornalismo. Una piattaforma che raccoglie una serie di eventi inverosimili ma reali che hanno attirato l’attenzione dei lettori digitali. Un successo dovuto anche (anzi, soprattutto) alle piattaforme social che un tempo premiavano questa tipologia di contenuti.

BuzzFeed News, come era nato il progetto giornalistico

Contenuti di intrattenimento di grande successo. Un grande successo che portava a un alto numero di visualizzazioni (anche grazie al megafono dei social network) e, quindi, a introiti elevati. Soldi che, nel 2011, vennero investiti nella creazione di questa “costola giornalistica”, grazie agli ingaggi (proprio in quell’anno) di Ben Smith (che lavorava a Politico) come capo-redattore e (nel 2013) di Mark Schoofs (che nel 2000 vinse il Premio Pulitzer). Nomi di spicco e rilievo nel mondo dell’informazione, con un giornalismo che iniziava già a far intravedere una crisi editoriale (a livello di cartaceo). Dunque, l’idea del Ceo di Buzzfeed era quella di finanziare l’informazione di qualità attraverso contenuti “strani ma veri”.

Un progetto che ha funzionato per moltissimi anni, nonostante alcune controversie per scelte editoriali contestate. Come quando, il 10 gennaio del 2017, BuzzFeed News pubblicò 35 pagine del cosiddetto “Dossier Steele” (le stesse che la CNN aveva deciso di non pubblicare integralmente per via della non confermata affidabilità del contenuto) in cui si affermava che la Russia avesse in mano (grazie a un sistema informatico basato su botnet) dei documenti compromettenti su Donald Trump. Stesso discorso per quel che concerne la pubblicazione della denuncia di un uomo che da giovane sarebbe stato molestato sessualmente (con delle avances) dall’attore Kevin Spacey

Il Pulitzer nel 2021

Nel 2018, BuzzFeed News sembrava aver raggiunto l’apice. Prima la creazione del sito online con il proprio dominio, poi la scelta di Smith (primo capo-redattore, fin dal 2011) di diventare editorialista del New York Times. Al suo posto venne “promosso” proprio Mark Schoofs che con il suo team (composto da Megha Rajagopalan, Alison Killing e Christo Buschek) vinse il premio Pulitzer nel 2021 (nella categoria “Reportage internazionali“) per l’inchiesta sui campi di prigionia in cui venivano detenute persone che facevano parte della minoranza uigura (ma anche kazaki e di altre minoranze di religione musulmana) in Cina.

Dunque, l’esperimento di finanziare il giornalismo di qualità con i soldi provenienti dai click su “notizie strane ma vere” sembrava funzionare. E lo stesso Ceo di Buzzfeed (che nel frattempo aveva esteso il suo business a una moltitudine di altri contenuti, dai quiz alle video-ricette) nel 2016 aveva indicato nei “social” il futuro del giornalismo. Ma non aveva fatto i conti con gli algoritmi che mutano in base alle volontà delle aziende Big Tech che, nel corso degli ultimi anni, hanno deciso di abbandonare completamente i contenuti giornalistici “classici” (quelli che nell’era digitale vengono racchiusi in un link), dando spazio alle immagini e ai video. E da lì la crisi, i licenziamenti e la chiusura di un progetto di successo. Pluripremiato per il suo giornalismo di qualità. Ma che si è dovuto arrendere alla legge dell’algoritmo.

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