Bug delle Instagram Stories: come hanno fatto i creator a pubblicare i contenuti in partnership in questi giorni?
Negli ultimi due giorni Instagram è stato al centro delle critiche (e dei meme) per un bug che non permetteva agli utenti di guardare le nuove Stories dei propri seguiti senza prima mostrare - di nuovo - quelle che avevano già visto. E cosa succede alle partnership retribuite?
16/06/2022 di Giorgia Giangrande
Come vi avevamo raccontato in un precedente articolo sul bug delle Instagram stories, dalla mattina del 14 giugno, gli utenti del social network hanno cominciato a vedere le storie delle persone che seguono più e più volte. In sintesi, per vedere eventuali nuove storie aggiunte, dovevi prima sorbirti ripetutamente quelle caricate nelle 24 ore precedenti.
E voi direte: ma che sarà mai? Ridurre tutto a quest’interrogativo sarebbe molto semplicistico, perché in realtà – dal momento che il bug si è protratto fino alla sera del 15 giugno – ciò ha destato parecchie conseguenze, che non riguardano solamente la noia generalizzata del vedere le stesse story decine di volte. Per chi lavora nei social, con i social e per i social, ci sono in ballo contratti, clausole, esclusive commerciali, accordi tra creator e brand: imprescindibili e improrogabili. Per cui, se è stato concordato contrattualmente che un creator debba pubblicare un contenuto sponsorizzato a quell’ora di quel giorno, allora quel contenuto sponsorizzato dovrà uscire a quell’ora di quel giorno.
Anche se quel giorno è stato il 14 giugno 2022.
Ma cosa ne sarà dei dati analitici falsati dal bug di Instagram? Ripercorriamo insieme il funzionamento delle partnership e le possibili conseguenze a cui sono andati incontro i creators che hanno per datore di lavoro il dott. Instagram.
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Cosa c’è dietro gli #adv che vediamo ogni giorno su Instagram
«Creo contenuti sul web» è la risposta che danno i creators alla domanda su cosa facciano nella vita. E anche se non c’è nulla di illecito nel creare contenuti per il web, anche se ogni contenuto sponsorizzato è regolato da accordi legali ben definiti e in linea con le attuali normative vigenti, è come se – nel rispondere – i creators volessero trovare un modo per legittimare la loro attività. I creators sono a tutti gli effetti pionieri di un mestiere continuamente in evoluzione. Non esiste il manuale del buon creator, non esistono sussidiari da cui imparare, non esistono leggi oggettive per cui si è un buono o un cattivo creatore di contenuti per il web.
Di certo c’è che quando un brand, un marchio, contatta un creator (o influencer, etichetta sempre più in disuso) si attiva un iter che passa per trattative lunghe anche mesi, contratti, brief, piani editoriali, rework (nel caso in cui i contenuti realizzati non siano in linea con le aspettative del cliente/brand) e, infine, dopo la pubblicazione, condivisione degli insight. È a questo punto che, in virtù del bug di Instagram, sorge spontanea la domanda: e se i creator dovevano pubblicare i contenuti in partnership proprio in questi giorni?
Allora, possono essersi configurate più ipotesi: di comune accordo, le parti potrebbero aver deciso di rimandare la pubblicazione dei contenuti fino al termine del bug di Instagram; oppure, visto che la prima ipotesi avrebbe determinato una sovrapposizione di calendari e un accavallamento con le successive pubblicazioni, le parti potrebbero aver deciso di postare comunque. A rigor di logica, però, i dati delle stories pubblicate tra il 14 e il 15 giugno 2022 saranno stati falsati.
Bug delle storie Instagram: l’impatto sugli insight
Nella maggioranza degli accordi contrattuali tra le parti, cioè tra brand e creators, tra brand e agenzia di management per i creators, tra agenzia dei brand e agenzia dei creators – insomma: tra le due parti – è prevista anche una sezione relativa alla condivisione degli insight, cioè dei dati analitici, relativi ai contenuti oggetto dell’accordo. Questo vuol dire che, a distanza di qualche giorno dalla pubblicazione di un determinato contenuto, i creators sono tenuti a condividere – sotto forma di screenshot o simili – i risultati della loro performance: impressions, navigazione, copertura, visualizzazioni.
Questo servirà all’altra parte per fare un bilancio della collaborazione e per porre le basi per possibili nuove opportunità di partnership in futuro. I dati di questi giorni, però, non sono autentici e parte di questi – come la navigazione, che indica quante volte gli utenti che hanno visto la storia hanno portato avanti o sono tornati indietro – sono stati inevitabilmente condizionati dal bug di Instagram, davanti a cui gli utenti – quasi per disperazione – hanno portato avanti le storie che avevano già visto decine di volte per arrivare, invece, alle nuove aggiunte.
Se da una parte – dinanzi alle decisioni del datore Instagram – le parti alzano le mani e si attengono senza obiettare ai bug, alle modifiche algoritmiche e ai cambiamenti dell’interfaccia e, quindi, in questo caso potrebbero aver chiuso un occhio anche di fronte a dati alterati; dall’altra, i dati di questi giorni contribuiranno a valori più generali come l’engagement rate (cioè il tasso di coinvolgimento degli utenti in base alle interazioni), la percentuale di completamento (cioè la percentuale di profili che iniziano e finiscono di vedere le storie), l’open rate (la percentuale media di quante persone aprono la prima storia) e lo skip rate, ovvero quante volte le persone non hanno guardato quella storia, passando a quella successiva, ma continuando sempre a guardare le tue storie.
Tutti questi valori contribuiscono al valore commerciale di ciascun creator. Sono i valori da cui partono i brand per scegliere un creator al posto di un altro. Alla luce di tutto ciò, se per i normali utenti il bug delle storie Instagram è stata una noia da sopportare negli unici momenti di svago presenti nel corso della giornata, per i creator potrebbe aver determinato delle conseguenze non immediatamente risolvibili. Che fare, allora? Bisognerà ADV-ertire Mark Zuckerberg?
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