Perché l’Auschwitz Memorial sta twittando contro “Hunters”, la nuova serie di Amazon con Al Pacino

La nuova serie targata Amazon “Hunters”, che racconta le vicende di una banda di cacciatori nazisti guidati da Al Pacino, ha già riscosso molto successo a pochi giorni dal suo debutto di venerdì 21 febbraio 2020. Ambientata nel 1977 è ispirata a eventi realmente accaduti: forse fin troppo “ispirata”. È questa infatti la critica mossa dall’Auschwitz Memorial che tramite i social network ha bacchettato gli autori della serie. L’ideatore David Weil ha però difeso le sue scelte spiegando i motivi che l’hanno portato a immaginare ulteriori atrocità.

 

Perché l’Auschwitz Memorial sta twittando contro “Hunters”, la nuova serie di Amazon con Al Pacino

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«Auschwitz era pieno di terribili sofferenze e sofferenze documentate nei resoconti dei sopravvissuti. Inventare un gioco falso di scacchi umani per @huntersonprime non è solo follia o una pericolosa caricatura. Accoglie anche i futuri negazionisti. Onoriamo le vittime preservando l’accuratezza dei fatti». Un tweet deciso ed estremamente critico quello pubblicato dall‘Auschwitz Memorial che bacchetta così la nuova serie “Hunters” a pochi giorni dal suo debutto su Amazon Prime. In particolare, viene criticata fortemente la scena, inventata dall’ideatore, in cui i nazisti giocano a scacchi usando gli ebrei. L’Auschwitz Memorial nel tread partito dal tweet, sottolinea l’importanza di riportare la storia come è realmente accaduta, senza immaginare ulteriori scenari che sminuiscono le atrocità realmente accadute, ritenendo che permettere ad un contenuto cinematografico o televisivo di mentire sia «irrispettoso e pericoloso». «Preferiamo una storia vera che porti a un milione di verità. Non si dovrebbe creare una falsa realtà se i dettagli di questa realtà sono così ben documentati» ha aggiunto.

La risposta del creatore di “Hunters”

Critiche molto forti che hanno spinto l’ideatore della serie David Weil ha spiegare il proprio punto di vista in un comunicato dove difende le scelte compiute. «Credevo allora – come faccio ora – di avere la responsabilità come nipote di un sopravvissuto all’Olocausto di mantenere vive le loro storie» ha scritto Weil spiegando che la sua bisnonna Sara Weil era stata deportata proprio ad Auschwitz. Weil ha sottolineato come la serie da lui ideata non sia un documentario, ma ispirata a fatti realmente accaduti. «Nel creare questa serie è stato molto importante per me considerare quella che credo sia l’ultima domanda e la sfida di raccontare una storia sull’Olocausto: come posso farlo senza prendere in prestito la vita o l’esperienza specifica di una persona reale?» si legge nel suo comunicato in cui spiega che, proprio per evitare di appropriarsi di storie altrui, ha scelto che i numeri identificativi impressi sul braccio degli attori fossero solo maggiori del 202.499, ovvero il numero più alto mai registrato a un prigioniero di Auschwitz. «Non volevo che uno dei nostri personaggi avesse il numero di una vera vittima o di un vero sopravvissuto, poiché non volevo travisare una persona reale o prendere in prestito da un momento specifico nella vita di una persona reale – ha continuato – quella era la responsabilità che mi pesava ogni notte e ogni mattina per anni, mentre scrivevo, producevo, curavo questo show. È la cosa a cui penso quando vado a dormire e la cosa che mi impegno ad onorare lavorando quando mi sveglio».

(credits immagine di copertina: Twitter Hunters@huntersonprime)

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