Cosa c’è da sapere sull’assoluzione di Sergio Di Palo per la questione dei video di Tiziana Cantone

Abbiamo contattato il legale di Di Palo che ci ha chiarito alcuni punti sfuggiti, tra ieri e oggi, alla stampa italiana

09/11/2022 di Giordana Battisti

Ieri è stata riportata in modo tendenzialmente impreciso da molti giornali la notizia dell’assoluzione di Sergio Di Palo, che nel 2015 era fidanzato con Tiziana Cantone, la donna che si è suicidata nel 2016 dopo che erano stati diffusi online, diventando virali, alcuni video in cui la donna aveva dei rapporti sessuali.

La notizia dell’assoluzione di Sergio Di Palo

Sergio di Palo era accusato di simulazione di reato, calunnia e accesso abusivo a sistema informatico ed è stato assolto da tutte le accuse. Abbiamo contattato l’avvocato di Di Palo per chiedergli dei chiarimenti sul processo e sulle notizie comparse tra ieri e oggi sui principali giornali.

Di Palo rispondeva all’accusa di falso e calunnia in concorso con Tiziana Cantone per aver accusato ingiustamente cinque persone di avere diffuso i video della donna su Internet. L’accesso abusivo al sistema informatico, ovvero al profilo Facebook della donna, era contestato a Di Palo che è stato assolto anche da questa accusa per «improcedibilità», perché manca la querela. Alcuni titoli di giornali riportano la notizia dell’assoluzione di Di Palo sottolineando che non ci siano colpevoli per la diffusione del video, il che è vero, ma l’oggetto del processo non era individuare i responsabili della diffusione di quei video su Internet. Per questo riportare la notizia dell’assoluzione di Di Palo accanto a formule come «nessun colpevole» è fuorviante perché lascia intendere che non ci siano colpevoli per la morte di Cantone e la precedente diffusione dei suoi video, mentre le accuse contro Di Palo erano altre e afferivano ad altre sfere della vicenda.

La storia di Tiziana Cantone

I video di Tiziana Cantone erano stati condivisi inizialmente su WhatsApp e Facebook con alcune persone e non è chiaro chi sia responsabile della successiva pubblicazione diuno di questi video su un sito porno. A partire da questo momento il video diventa virale: se ne parla su tutti i social network, ne parlano i giornali in modo spietato e superficiale e questo contribuisce a rendere i video ancora più noti e riprodotti. Lo stesso nome della donna diventa noto a chiunque, complice l’operato degli utenti dei social e dei mass media, ma sono solo. Alcuni giornali parlavano dell’ipotesi di “revenge porn” altri di “operazione di marketing di una futura pornostar o attrice”»: Il Fatto Quotidiano aveva trattato la vicenda in questi termini, salvo poi scusarsi per «le nostre negligenze».

La vicenda ha un impatto decisivo sulla vita di Tiziana Cantone: non può più uscire di casa senza essere riconosciuta e derisa, non può più lavorare o vivere nel paese di cui è originaria, Casalnuovo di Napoli, quindi lascia il napoletano per qualche mese per vivere altrove. Ottiene di poter cambiare il suo cognome in Giglio, quello della madre, intanto affronta seri problemi legati alla salute mentale. Il 13 settembre 2016 la donna è stata trovata morta.

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Le precedenti vicende processuali

Cantone aveva denunciato nel 2015 cinque persone per aver diffuso i suoi video sui social network e sui siti porno. L’accusa era di diffamazione e violazione della privacy. Inoltre, nello stesso anno, Cantone aveva chiesto la rimozione dal Web di tutti i video e dei contenuti collegati, richiesta che venne accolta solo parzialmente nei confronti di Facebook, Twitter, Yahoo!, Google e YouTube, in virtù della loro funzione di social network. A questi siti Web venne imposta l’immediata rimozione di ogni post o pubblicazione con commenti e apprezzamenti riferiti alla donna. Secondo la sentenza, Cantone avrebbe dovuto però pagare quasi 20 mila euro di spese legali. Dalle indagini sulle persone accusate da Cantone di aver diffuso il video emerse che queste avevano effettivamente ricevuto i video ma non c’erano prove della diffusione su altri canali degli stessi video. Il caso venne archiviato e venne aperta un’inchiesta per calunnia nei confronti di Cantone e di Di Palo.

 

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