Anonymous torna ad attaccare Trump accusandolo di pedofilia

Mentre gli Stati Uniti bruciano per le proteste che  sono seguite alla terribile morte di George Floyd, Anonymus, l’organizzazione internazione di hacker e cyberattivista si schiera al fianco dei manifestanti e torna ad attaccare duramente Donald Trump con accuse pesanti. Oltre a diffondere materiale compromettente contro le forze di polizia, la rete ha diffuso nelle scorse ore anche dei “documenti” in cui sarebbe provato il coinvolgimento di Donald Trump nella rete di traffico di minori e stupri che vedeva al centro Jeffery Epstein, il miliardario americano morto in un carcere americano in circostanze misteriose . E l’accusa diretta viene da un retweet di un controverso intervento del presidente americano.

Per gli attivisti di Anonymus l’uccisione di Epstein in carcere sarebbe una “copertura” per la storia di traffico di minori e di abusi portata avanti da Trump. Ed è la stessa organizzazione a riportare, tramite un altro account, la lista di presunti cospiratori che avrebbero avuto a che fare con Epstein. Accuse pesantissime che, tocca precisare. al momento non sono corroborate da nessuna prova concreta. Ma per comprenderle è necessario fare qualche passo indietro.

Jeffrey Epstein è stato un finanziere e imprenditore statunitense accusato e condannato per abusi sessuali e traffico di minorenni. Arrestato nel 2019, Epstein venne prima aggredito e successivamente trovato senza vita nella sua cella di detenzione di New York. Malgrado la causa della morte sia al momento classificata come “suicidio”, rimangono molti dubbi sulla dinamica. Quel che è certo è che il giro di prostituzione minorile messo in campo dal finanziere newyorkese coinvolgevano anche alte personalità: nel corso delle indagini venne indagato anche il Duca di York che si disse pronto a collaborare con le autorità.

Nel 2016 una donna presentò causa contro Epstein e Trump per un’aggressione avvenuta dai due nel 1994, quando la donna aveva appena 12 anni. La causa venne respinta però dal giudice federale. La donna presentò altre due cause ai danni dei due, ritirate poi successivamente. L’avvocato confessò che aveva subito non poche minacce.

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