La posizione delle compagnie aeree sull’algoritmo che determina i prezzi dei voli

Il tema del tracciamento e la profilazione che restituiscono biglietti a un costo differente è noto da anni. A livello ufficiale, però, nessuna azienda si è esposta in una dichiarazione pubblica

07/08/2023 di Enzo Boldi

Non sono bastate alcune segnalazioni (anonime) proveniente dagli ambienti di management di alcune importanti compagnie aeree europee. Non è servita l’apertura di un’istruttoria da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) del dicembre scorso. Per il momento, i principali vettori di volo – non solo a livello nazionale – restano in silenzio sul caso dell’algoritmo per l’identificazione dei prezzi dei biglietti aerei. Nonostante il governo italiano, oggi, stia approvando una norma (parziale) per frenare l’aumento dei costi (per gli utenti finali) nelle tratte che dall’Italia portano alla Sicilia e alla Sardegna.

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Di questo argomento si parla da anni. Perché il sospetto delle profilazione e del tracciamento dietro la differenziazione dei prezzi – anche in base alla geolocalizzazione e al dispositivo utilizzato per connettersi ai portali delle compagnie aeree – è atavico nell’era digitale. Ottobre 2017, per esempio. Sul Corriere della Sera viene pubblicato un articolo in cui viene riportata la testimonianza di un “manager di una grande compagnia aerea europea”. Dichiarazione in forma anonima, ma che sembra andare a dama con le molte perplessità di chi ha confrontato i prezzi dei biglietti visualizzati dal proprio smartphone in una determinata zona di una città e quelli visualizzati (poco dopo) da un pc di un ufficio in centro.

Algoritmo biglietti aerei, la posizione delle compagnie

Parole che hanno aperto il fronte dell’utilizzo dell’algoritmo biglietti aerei da parte delle compagnie. Ovvero quel calcolo che si basa sull’incrocio di alcuni dati “digitali”, come quelli di tracciamento della connessione e della geolocalizzazione:

«Uno potrebbe pensare che intanto qualcun altro ha prenotato, riducendo i sedili liberi a disposizione e incrementando il valore dei biglietti successivi. Ma la verità è che l’algoritmo del vettore ha fatto un’analisi più sofisticata: ha notato che il viaggiatore, una volta davanti alla scrivania, si trova in un’area dove il reddito medio è elevato e gli orari sono quelli di ufficio, quindi magari la trasferta è per motivi professionali e a pagare sarebbe l’azienda». 

Questo discorso si estende anche al dispositivo utilizzato. Perché molti esperti analisti hanno messo in evidenza come i big data siano entrati a far parte delle dinamiche alla base delle “offerte” dei prezzi dei voli. E tra i tanti fattori ci sono – come detto – i device (con variazioni se ci si collega al sito ufficiale con un iOS o con un Android) e dalla geolocalizzazione. Ricostruzioni che sono state spesso smentite (senza grande clamore) dai piccoli e grandi vettori, sottolineando come non si utilizzino i cookie per tracciare gli utenti e modificare i prezzi. Ma, come riportato da AdnKronos nel marzo scorso (quasi sei anni dopo la prima rivelazione pubblicata sul Corriere della Sera) attraverso una dichiarazione (anch’essa anonima) di un altro dirigente di una compagnia aerea, il paradigma sembra essere confermato:

«Mi collego il lunedì mattina da un ufficio e trovo un biglietto a un determinato costo, mi ricollego il martedì sera da casa e il prezzo è salito, o sceso, anche di cento euro. Cosa è successo? La risposta è la geolocalizzazione. Il costo del biglietto cambia a seconda del luogo in cui si fa la ricerca e del tipo di dispositivo utilizzato. Perché? Perché gli algoritmi sono in grado di elaborare questi dati per capire quanto il cliente sia in grado di spendere».

Due dichiarazioni che combaciano, anche se – occorre ribadirlo, anche se senza comunicazioni ufficiali e dichiarazioni all’interno delle FAQ e dalle privacy policies – sempre smentite dalle compagnie aeree.

L’istruttoria dell’AGCM

In Italia, il contenzioso è relativo – soprattutto – ai biglietti aerei da e verso le grandi isole (Sardegna e Sicilia). In particolare, si è sempre fatto riferimento all’aumento dei prezzi dei voli nei periodi festivi (Natale e Pasqua) e in quelli estivi (soprattutto tra luglio e agosto). Basti pensare all’istruttoria aperta dall’AGCM alla fine di dicembre dello scorso anno, dopo una segnalazione fatta dal Codacons. Nello specifico, si parla di voli da e verso la Sicilia nel periodo natalizio attraverso i principali vettori che gestiscono e coprono queste tratte: Ryanair, Wizz Air, EasyJet e ITA. All’interno del documento in cui si annuncia l’apertura dell’istruttoria da parte dell’Antitrust (in cui si parla di possibile – ma presunto – “cartello” tra queste aziende per aumentare i prezzi in determinati periodi dell’anno) si spiega:

«Nel caso di specie, tuttavia, si ritiene che l’incremento dei prezzi dei biglietti aerei nel periodo natalizio potrebbe essere il frutto di un comportamento collusivo tra i vettori aerei, eventualmente facilitato dall’utilizzo di algoritmi di prezzo, piuttosto che un adattamento razionale alle condizioni di mercato. Infatti, da un lato, sembra in alcuni casi (ad esempio, nelle tratte con partenza Milano e arrivo a Catania o a Palermo) rilevarsi un anomalo allineamento dei prezzi, possibile indicatore di un’intesa tra gli operatori attivi sui collegamenti tra l’Italia continentale e le due principali siciliane; dall’altro, non si registrano iniziative, da parte dei vettori aerei, di misure vol te ad ottenere un migliore adeguamento dell’offerta alla domanda, che pure sarebbero coerenti con una strategia lecita di massimizzazione dei profitti». 

L’AGCM, dunque, ha messo l’accento (anche se in forma ipotetica) sul  fatto che l’incremento dei prezzi (in questo caso relativo al periodo natalizio verso la Sicilia sia «eventualmente facilitato dall’utilizzo di algoritmo di prezzo». Anche l’Antitrust, dunque, parla di questo algoritmo.

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