Il medico che si collega in tribunale via Zoom mentre sta operando

Questa pandemia ci sta facendo perdere il senso di responsabilità

28/02/2021 di Gianmichele Laino

La volete una prova tangibile di quello che succederebbe se, di qui a qualche mese, annullassimo completamente gli appuntamenti istituzionali in presenza, favorendo i collegamenti virtuali sperimentati a livelli altissimi durante questa fase della pandemia? Ecco quello che è successo in California: un medico di Sacramento doveva partecipare a un processo per violazione del codice della strada. In seguito all’emergenza coronavirus, la partecipazione a questi processi è consentita anche da remoto. E il medico ha deciso di sfruttare questa concessione, usando Zoom in sala operatoria, nel bel mezzo di un intervento chirurgico.

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Zoom in sala operatoria, il medico si collega con il tribunale mentre lavora

In un primo momento il medico, il chirurgo Scott Green è stato interpellato da un ufficiale del Carol Miller Justice Center che gli ha chiesto la sua disponibilità a partecipare al processo. Il medico ha dato parere positivo, nonostante la perplessità dell’ufficiale che aveva intuito la situazione. Il chirurgo era vestito con il camice, i guanti, la mascherina e la cuffia tipici delle situazioni di camera sterile che contraddistinguono gli interventi chirurgici. Nello sfondo dell’inquadratura, si intravedevano anche altri suoi colleghi e il paziente che si stava sottoponendo all’operazione.

Quando, tuttavia, è arrivato il giudice Gary Link, quest’ultimo ha deciso di sospendere il processo, vista la situazione insostenibile. Link ha affermato di avere a cuore la salute dei pazienti e che non sarebbe stato corretto metterla a repentaglio per assistere a un processo in streaming. Al momento, le autorità sanitarie locali – secondo quanto riportato dal quotidiano Sacramento Bee, starebbero indagando sul comportamento del medico.

È questa la digitalizzazione che vogliamo?

È il rischio degli incontri in streaming. Aziende, enti, ma anche istituzioni pubbliche stanno cercando di rispondere in maniera efficiente ai rischi del contagio da coronavirus, mettendo a disposizione strumenti tecnologici per continuare a svolgere il proprio lavoro e garantire i criteri di pubblicità che alcuni eventi devono garantire (è il caso dei processi, ma anche – ad esempio – degli esami universitari). Tuttavia, i comportamenti delle persone coinvolte (il caso dell’esame in DAD alla Vanvitelli, ripreso e condiviso sui social network rappresenta un pericoloso precedente in Italia) rischiano di compromettere definitivamente la buona fede con cui si cerca di superare questa delicata fase storica.

E se la pubblica amministrazione intende davvero proseguire la digitalizzazione su questa linea, allora non può non fare i conti con le interruzioni di pubblico servizio, con le approssimazioni, con le riunioni che si conducono su binari paralleli. Zoom e Teams non possono bastare: occorrono piattaforme dove i processi di autenticazione siano dedicati e – soprattutto – richiedano l’attenzione delle parti coinvolte. Che non possono fare più cose contemporaneamente, soprattutto se una di queste cose è operare un paziente.

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