Vincenzo Nibali: «Sono per l’accoglienza di chi scappa da guerre e fame, il nostro mondo soffocato dalla plastica»

In mezzo alle foglie morte si riaccende la passione e la pedalata di Vincenzo Nibali. Lo Squalo di Messina si appresta a vivere l’ultimo appuntamento della stagione, il Giro di Lombardia. Tradizionalmente, è la corsa che chiude i calendari dei big. Una di quelle che il siciliano ama di più, avendola già vinta due volte, nel 2015 e nel 2017. Sarà anche la sua ultima corsa con la maglia della Bahrein Merida: dall’anno prossimo, si accaserà alla Trek-Segafredo, la squadra dove i più grandi campioni riescono a dare il meglio di sé negli ultimi anni della loro carriera.

LEGGI ANCHE > Nibali lascia il Tour, è stato buttato a terra da uno spettatore

Vincenzo Nibali e le sue parole per la salvezza del pianeta

Vincenzo Nibali si appresta a correre con una consapevolezza sempre maggiore delle proprie qualità e anche del proprio ruolo di ambasciatore di messaggi che vadano al di là delle due ruote. Il ciclista è ambientalista per eccellenza. Non fosse altro perché guida un mezzo a emissioni zero. E perché attraversa ogni parte del mondo da una posizione privilegiata, quella della sella, che gli permette di misurare la temperatura al pianeta.

Al Corriere della Sera, Vincenzo Nibali parla con chiarezza: «La bici è un osservatorio perfetto del traffico, dell’inquinamento: la situazione è drammatica. Trovi plastica ovunque. La politica dovrebbe fare qualcosa. Io condivido le proteste delle nuove generazioni sul clima: il nostro mondo è soffocato dalla plastica e i nostri ragazzi sono gli unici a cui questa cosa sembra interessare».

Vincenzo Nibali e il tema dell’accoglienza dei migranti

Dal momento che l’intervista si è aperta sul tema del climate change, il giornalista del Corriere della Sera Marco Bonarrigo ne approfitta per fare anche un’altra domanda di politica. Quella sui migranti. Nibali non delude le aspettative con la sua risposta: «La mia è una famiglia di emigranti. Io stesso ho lasciato la Sicilia a 16 anni per correre in bicicletta. Sono per accogliere chi scappa da guerra o fame: perché devono rischiare la vita sui barconi? E perché l’Europa non ci dà una mano?».

(Credit Image: © Yorick Jansens/Belga via ZUMA Press)

Share this article