Il deputato M5S che ha chiesto il bonus: «Decreto scritto palesemente male, mi sono tagliato 40mila euro di stipendio da parlamentare»

Marco Rizzone ha pubblicato un video sui suoi canali social

15/08/2020 di Gianmichele Laino

Con un video Marco Rizzone, deputato M5S che ha chiesto e ottenuto il bonus partite iva da 600 euro previsto dal governo e dal parlamento per l’emergenza coronavirus, prova a giustificarsi per aver usufruito di quella misura che è stata approvata dal governo e poi votata anche in Parlamento nel cosiddetto decreto Cura Italia. Importante sottolineare questo aspetto, soprattutto per le parole che sono state dette dal deputato. Inoltre, occorre evidenziare come Marco Rizzone sia stato l’unico dei deputati che hanno chiesto il bonus sin qui scoperti a rilasciare pubbliche dichiarazioni. 

Video Marco Rizzone sul bonus da 600 euro nel M5S

Marco Rizzone ha pubblicato questo video sulla sua pagina Facebook, ripreso per prima cosa dalla trasmissione In Onda del 14 agosto:

Rizzone si dice pronto a metterci la faccia, che il bonus non è stato richiesto direttamente da lui, ma che lui – a differenza di altri suoi colleghi – non incolperà commercialisti o parenti vari, perché è chiamato a prendersi le sue responsabilità dirette da parlamentare. Marco Rizzone afferma: «Partiamo dai fatti: se avessi voluto intascarmi dei soldi non mi sarei di certo tagliato più di 40 mila euro del mio stipendio da parlamentare, che invece ho donato (insieme ai colleghi del M5S) per varie cause: dal fondo della Protezione Civile per le popolazioni colpite dalle alluvioni al fondo a sostegno del microcredito, dal fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile fino a quello – udite udite – per l’emergenza Covid-19».

Poi, attacca anche il governo e la maggioranza di cui fa parte (ma anche, indirettamente, quel parlamento di cui è membro): «Tutto a norma di legge: un decreto scritto palesemente male (vuoi per la fretta – giustificabile -, vuoi per l’incapacità di alcuni soggetti – non giustificabile), un decreto su cui in Parlamento nessuno dei colleghi “moralizzatori” è intervenuto per apportare modifiche che evitassero che l’indennizzo fosse dato “a pioggia” a prescindere dal reddito». Rizzone ha affermato che gli si potrebbe contestare di non aver proposto una modifica alla legge, che però era arrivata in parlamento blindata, con la fiducia richiesta dal governo (e anche questo metodo del suo esecutivo di riferimento viene bocciato dall’esponente del M5S).

Video Marco Rizzone, l’attacco al M5S e al governo

Poi, Rizzone chiede che si faccia chiarezza su altre questioni morali all’interno del M5S, ben più gravi di quella del bonus da 600 euro. E il riferimento, qui, è proprio alle mancate restituzioni e ai ritardi fatti registrare da esponenti pentastellati nel rimborso degli emolumenti da parlamentari. Non ci sta a passare come “ladro” o di essere sfruttato nella campagna mediatica che serve a recuperare qualche punto – afferma – in vista del referendum sul taglio dei parlamentari. 

«E allora voglio lanciare una sfida ai colleghi parlamentari e allo stesso Garante della Privacy che sull’onda del populismo più becero hanno chiesto di fare i nomi dei Parlamentari che hanno ottenuto (ripeto lecitamente) il bonus – ha detto Rizzone -. Perché non pubblichiamo, come già fanno in 17 Stati europei, i nomi di chi ha veramente rubato risorse allo Stato evadendo le tasse?  Non sono come mi hanno dipinto e lo dimostrerò battendomi perché la grande farsa portata avanti da tempo da alcuni soggetti politici finisca presto, nel vostro interesse e nell’interesse del Paese tutto, perché chi pensa di ingannare il popolo con la caccia alle streghe e il populismo facile non ha capito che i cittadini sono più svegli di quanto si pensi».
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