Perché non si può lasciare la verifica dell’età ai siti pornografici

Giovedì il Consiglio dei Ministri dovrebbe discutere la norma per trovare una soluzione affinché diventi realizzabile il divieto di accesso ai portali a luci rosse ai minori di 18 anni

06/09/2023 di Enzo Boldi

Al di là di tutte le considerazioni soggettive che possono esser fatte attorno all’intenzione del governo di procedere verso una stretta nei confronti dell’accessibilità dei minori di 18 anni ai portali che condividono video e foto a luci rosse, occorre provare a capire quali potranno essere le soluzioni al vaglio dell’esecutivo. Perché il tema fondamentale è quello della verifica dell’età sui siti porno, un argomento molto delicato che porta – inevitabilmente – a un pensiero: non lasciare alle piattaforme la “possibilità” di fare l’age verification, ma affidare a una app di terze parti questo compito. Senza tirare in ballo SPID e CIE.

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Partiamo dalla fine: perché non si può dare ai siti di contenuti per adulti la responsabilità della gestione dell’age verification per evitare che i minori vedano quei contenuti? Le risposte sono molteplici. Innanzitutto, i principali siti di materiali pornografici – a oggi – si aprono con un disclaimer in cui si chiede all’utente di autocertificare la propria maggiore età. Uno strumento facilmente aggirabile con una bugia. In secondo luogo, la verifica dell’età è un argomento molto sensibile: chiedendo alle piattaforme di farsi carico di ciò, gli utenti sarebbero costretti a inviare i propri dati (da quelli biometrici a quelli sensibili presenti sui nostri documenti di identità) ad aziende che rischiano seriamente di subire pesanti data breach. Dunque, c’è anche il tema della sicurezza informatica (oltre che quello del possibile uso non regolare di quei dati).

Le perplessità

Due fattori che portano a un’unica soluzione possibile. In attesa dell’entrata in vigore – si parla del mese di novembre – la direttiva dell’AGCOM sul Parental Control: scatterà, dunque, l’implementazione obbligatoria del controllo parentale da parte degli operatori telefonici (sia fissi che mobile, con esclusione dei contratti di tipo “business”). Dunque, il titolare di un contratto telefonico dovrà gestire – in base alle richieste di ogni singolo operatore – questo processo e decidere se abilitare il proprio IP di connessione alla visione di contenuti riservati a un pubblico adulto (ovvero l’accesso alle piattaforme pornografiche).

Si tratta di una misura piuttosto controversa, figlia di un emendamento firmato dall’allora senatore della Lega Simone Pillon all’interno del “Decreto Giustizia” approvato in via definitiva dalla Camera il 25 giugno del 2020. Infatti, non è chiaro quali siano le caratteristiche che distinguano un portale vietato ai minori rispetto a un altro. E tutto ciò va a braccetto con i vari sistemi per aggirare il blocco (come le VPN, per esempio) o l’impossibilità di bloccare la visione e la condivisione di contenuti non adatti ai minori su app di messaggistica come Telegram.

Verifica età siti porno, perché serve app di terze parti

Dunque, ecco che la verifica età siti porno sembra andare nella direzione delle app di terze parti. Ne ha parlato la Ministra della Famiglia Eugenia Roccella solo qualche giorno fa, confermando quanto già espresso nel recente passato dai componenti dell’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali. Sul mercato ci sono alcune applicazioni dedicate proprio all’age verification. Per fare un esempio: Yoti, già utilizzata da OnlyFans, che tramite intelligenza artificiale e algoritmo è in grado di confermare la maggiore età (o la minore età) di un utente attraverso un selfie e il confronto con il documento d’identità. La soluzione sembra essere piuttosto sicura, visto che si tratta di dati crittografati e in forma anonima, ma c’è sempre un margine di errore plausibile.

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