Quando l’unione europea aveva pensato di eliminare il porno dai media

Nel 2013 il Parlamento europeo si era ritrovato con un testo contenente una mozione che proponeva l'eliminazione del porno dai media, ma poi aveva detto che era stata inserita per errore

25/08/2023 di Gianmichele Laino

Lo stesso dibattito a cui stiamo assistendo in queste ore, sollecitato sicuramente anche dalla presenza di casi di cronaca come quelli di Palermo e come quello di Caivano, è stato riproposto, a livello istituzionale, anche in passato, decine di volte. Addirittura, era arrivato anche nelle stanze del Parlamento Europeo, nel 2013 (quando, sicuramente, le piattaforme di media online non erano così sviluppate come lo sono ora). All’epoca si era parlato di una UE contro il porno sui media, per una mozione – contenuta in un testo più vasto – che era arrivata all’attenzione degli eurodeputati. Come andò a finire?

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UE contro il porno sui media, la mozione discussa (per errore) nel 2013

Nel 2013, infatti, gli europarlamentari si trovarono a discutere una mozione intitolata “Eliminare gli stereotipi di genere in Ue”. Fin qui tutto bene. Tuttavia, tra i vari articoli, era saltato fuori anche quello che parlava di una messa al bando di qualsiasi forma di pornografia su tutti i media, anche quelli online. Insomma, si era passati dalla mozione per evidenziare quanto fosse scorretta la pratica della sessualizzazione dei corpi all’interno delle pubblicità o negli articoli di giornale o, ancora, nelle trasmissioni televisive, fino a quella che avrebbe potuto impedire – anche se in maniera non vincolante – l’eliminazione del porno da qualsiasi tipo di sito web o di media.

La diretta conseguenza di questa mozione, quando raggiunse gli occhi e le orecchie dell’opinione pubblica, fu un’ondata di proteste da parte di diversi cittadini e di diverse associazioni, che organizzarono un’azione di mailbombing nei confronti dell’Unione Europea per protestare contro l’iniziativa. L’autrice della mozione, Kartika Tamara Liotard, aveva poi spigato – qualche giorno dopo – come l’inserimento dell’articolo sul porno online era stato un errore.

L’eurodeputata faceva risalire il fraintendimento all’impiego della parola media, sostenendo che – invece – il divieto di pornografia si doveva limitare esclusivamente alla pubblicità. La conseguente cancellazione della frase portò, quindi, all’approvazione della mozione contro gli stereotipi di genere.

Questo esempio, forse, è utile – nel dibattito odierno – per comprendere quanto una imposizione dall’alto relativa alla diffusione della pornografia (soprattutto online) non trovi nessuna aderenza con l’elettorato – anche a livello comunitario – e che, sicuramente, non si possa imporre per decreto o (come nel caso del 2013) attraverso una mozione.

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