Le piattaforme che fanno l’educazione sessuale che la scuola italiana non fa

In un'Italia in cui l'educazione sessuale non è inserita nei programmi del Miur, esistono realtà digitali che provano a mettere una pezza?

25/08/2023 di Ilaria Roncone

Partiamo da un presupposto fondamentale: l’educazione sessuale nelle scuole non materia di insegnamento in Italia. Si tratta di argomenti che possono essere affrontati nelle scuole nell’ambito dell’autonomia organizzativa e didattica dei singoli istituti, spesso per un numero di ore insufficiente. L’educazione sessuale nel nostro Paese, quindi, non rientra tra le materie di studio, approfondimento e conoscenza dei ragazzi di nessuna età, nemmeno nella scuola secondaria di primo e di secondo grado (proprio quando sarebbe più importante ricevere educazione all’affettività, alla sessualità e al consenso). Trattare o meno queste materie in Italia dipende dal buon cuore delle singole scuole e dei docenti che si fanno carico di quelle che sono, a tutti gli effetti, attività extra.

Fatta questa doverosa premessa, cerchiamo di capire se e quali realtà esistono in Italia (piattaforme, maggiormente, proprio perché si tratta di realtà che non possono essere distribuite su un territorio che non fa entrare l’educazione sessuale a scuola) per colmare questo enorme gap anche rispetto ad altri Paesi, considerato che l’Italia è uno degli ultimi Paesi europeo a non avere insegnamenti all’interno delle scuole.

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Le piattaforme che fanno educazione sessuale

Facendo una breve ricerca emergono realtà diverse: c’è “W l’amore“, un progetto rivolto alle terze medie e ai gruppi di aggregazione per preadolescenti ispirato a una realtà olandese. Si prevede, in questo ambito, la collaborazione degli Spazi Giovani con aziende AUSL, insegnanti/educatori e famiglie; c’è poi la realtà di MySecretCase Education che, ironia della sorte (e di chi sta nelle istituzioni italiane) è un ramo del brand di sex toys online MySecretCase. Il progetto di video corsi gratuito è accessibile a tutti e basato sul documento “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa” pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Sempre per la serie esempi virtuosi (dall’estero) troviamo Climax, la piattaforme femtech che è arrivata in Italia con lo scopo di colmare il cosiddetto pleasure gap (quel fenomeno sociale che vede la disparità di genere tra uomini e donne eterosessuali anche nell’ambito della soddisfazione sessuale, ovvero nella diversissima frequenza del raggiungimento dell’orgasmo). Esiste anche una piattaforma informativa per i genitori sull’educazione sessuale dei minori – che dimostra di comprendere il ruolo che un genitore può e deve avere in un ambito in cui, troppo spesso, in Italia si prova solo tanto imbarazzo – messa online da Salute sessuale svizzera e Protezione dell’infanzia Svizzera in lingua italiana.

C’è quindi chi, in Italia, prova a portare l’educazione sessuale tra gli adulti che i giovani li devono crescere e tra tra i giovani che potrebbero poi diventare genitori a loro volta. Ma non è sufficiente. L’ingresso dell’educazione sessuale nelle scuole pubbliche (fatta in maniera corretta e rispettosa, senza vergogna né bigottismi dati da retaggi antichi o cattolici) è quello che contribuirebbe, in misura maggiore, a fare la differenza.

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