Il limite del 2025. Cosa deve ancora accadere al cloud della Pubblica Amministrazione

La nota ufficiale del dipartimento per la transizione digitale della presidenza del Consiglio - l'ultima - risale al marzo del 2023. Si spiegava che non c'erano ritardi

22/05/2023 di Gianmichele Laino

Nuvole all’orizzonte, o meglio, cloud all’orizzonte? Il percorso che dovrebbe portare tutte le pubbliche amministrazioni a migrare sul cloud nazionale, progettato dallo scorso governo in seno al ministero della Transizione digitale, era stato tracciato con una timeline ben precisa. Tuttavia, alcuni cambiamenti – in primis quello a Palazzo Chigi, ma poi anche nel bel mezzo dell’Agenzia Nazionale per la Cybersicurezza – avevano fatto temere la nascita di qualche ostacolo nel percorso. Timori che, tuttavia, sono stati fugati – secondo una nota ufficiale – a marzo 2023, direttamente dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio. Lo stato dell’arte, in questo momento, ci mostra come, al posto di un ministero che segue la transizione digitale, ci sia un dipartimento affidato a un sottosegretario con delega (Alessio Butti) e come, al posto dell’ex direttore dell’Agenzia Nazionale della Cybersicurezza che ha collaborato alla stesura della strategia Italia cloud (ovvero Roberto Baldoni), ci sia il suo successore – Bruno Frattasi – subentrato a inizio marzo.

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Timeline cloud PA, cosa è successo fino a questo momento e a che punto siamo

Una delle motivazioni che ha portato – probabilmente – alla rottura tra il precedente direttore dell’ACN e il governo centrale è legata proprio al cloud della Pubblica Amministrazione. Il piano – che faceva parte del più ampio disegno della strategia nazionale per la cybersicurezza – prevedeva una gestione centralizzata di questa migrazione delle PA all’interno del cloud di Stato. Il governo, invece, avrebbe preferito un approccio regionale (nel pieno spirito che, in questi giorni, sta animando il dibattito sulla riforma per l’autonomia differenziata). Secondo Baldoni, poi dimessosi, un approccio di questo genere sarebbe stato più complesso da gestire e sicuramente più dispendioso.

«Non vi è alcun ritardo nei finanziamenti del Pnrr sulla migrazione al cloud delle pubbliche amministrazioni locali – si era affrettato a dire a inizio marzo il dipartimento per la transizione digitale -. Il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio ha già concluso, con aggiudicazioni effettuate, gli Avvisi pubblici previsti. Il prossimo target di fine marzo 2023 verrà pertanto ampiamente raggiunto entro i tempi stabiliti». E – come avremo modo di vedere – all’inizio di aprile, le PA locali che hanno aderito al piano sono state 14mila, con un target dell’80% superiore a quello inizialmente previsto del 75%.

Occorrerà, tuttavia, proseguire lungo questa traccia. Perché se è vero che è stata data priorità alle pubbliche amministrazioni centrali che operano con propri data center che sono stati classificati di seconda categoria (con carenze strutturali e problemi generici che non ne garantiscono l’efficienza), è pur vero che trovarsi in fase tre significa dover coprire completamente l’intero territorio nazionale con il cloud della Pubblica Amministrazione. E questo – come da timeline del cloud PA – è un obiettivo che deve essere raggiunto tassativamente entro il 2025.

Foto IPP/Fabio Cimaglia – Roma – Piazza Colonna

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