In che modo i suprematisti bianchi trovano ancora uno spazio ampio su Instagram

I suprematisti su Instagram, così come i neonazisti, trovano ancora ampio spazio perché - nonostante tutto - la moderazione è ancora poco efficiente

09/12/2021 di Ilaria Roncone

I suprematisti bianchi trovano ancora uno spazio troppo ampio su Instagram. A rivelarlo è una ricerca del Center on Extremism della Anti Defamation League, che ha cercato una serie di termini legati a suprematisti bianchi e neonazisti: il risultato è che ci sono centinaia di account e contenuti che promuovo ideologie pericolose. Nonostante la scelta di adottare misure significative contro l’odio sul social, la questione risulta essere ancora centrale e tutt’altro che risolta. I neonazisti e suprematisti su Instagram possono trovare spazio con contenuti che comprendono idee estremiste come l’accelerazionismo (il cui obiettivo è quello di distruggere i governi occidentali andando a fomentare tensione e caos nel mondo).

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In quale misura i suprematisti su Instagram si ritagliano il loro spazio

Dalla ricerca effettuata si può avere una definizione chiara del fenomeno. I ricercatori di ADL sono partiti dalla parola chiave “Atomwaffen” (la Divisione Atomwaffen è un gruppo di estremisti adepti dell’accelerazionismo nato nel 2016 con membri arrestati nel 2020 per aver minacciato giornalisti e attivisti) per capire che tipologia di contenuti sarebbe venuta fuori. Il risultato della ricerca per parola chiave ha permesso di visualizzare cinque post legati alla Divisione Atomwaffen e – entro mercoledì pomeriggio – solo uno di quei cinque era stato rimosso.

Chiedendo conto a Meta, la risposta è stata che si stavano esaminando tutti i post per capire se violassero in qualche modo le politiche del social (questo dopo che, nel 2018, l’organizzazione è stata bollata come terroristica su Instagram con conseguente ban. Meta ha aggiunto che la società rimane vigile rispetto a questo tipo di contenuti poiché i gruppi estremisti agiscono cercando sempre nuovi modi di eludere il rilevamento. Cosa è emerso andando a guardare follower e follow dei cinque account che avevano pubblicato i contenuti? Gli account di suprematisti bianchi si sono decuplicati, diventando 50, e sono emersi anche contenuti neonazisti. Secondo i ricercatori sono emersi segni di coordinamento tra gli account, con follow reciproci.

Qualche esempio di contenuto topo: video di persone con indosso maschere a forma di teschio che fanno il saluto nazista, foto di bandiere simbolo dei Pride arcobaleno bruciate, video con audio di un discorso del ministro della propaganda del partito nazista Joseph Goebbels. C’è anche un account con 10 mila follower collegato a un account Twitter e a un sito di merchandising. La conclusione dei ricercatori – come ha riferito il CEO di ADL e come riposta Usa Today – è che «oggi non c’è distinzione tra la nostra vita online e quella offline. Abbiamo visto più e più volte i modi in cui il contenuto odioso online porta alla violenza mortale nelle nostre comunità». Il riferimento è ad alcune sparatorie avvenute in Usa (Poway, El Paso, Pittsburgh) ad opera di suprematisti bianchi che, online, seguivano contenuti di questo tipo.

La risposta di Meta: perché Instagram non interviene

Il punto è che Instagram non sempre blocca gli hashtag legati a questo tipi di ideologie e che veicolano contenuti estremi perché, così facendo, andrebbe a limitare anche la libertà di esprimersi rispetto a queste tematiche. Prendendo come riferimento proprio la parola “atomwaffen” – la cui traduzuone dal tedesco è “armi nucleari” -, questo termine viene utilizzato in Germania da coloro che pubblicano contenuti contro le armi nucleari. Instagram agisce bloccando solo gli hashtag che raccolgono una percentuale alta di contenuti che incitano all’odio violando le sue regole.

Meta Platforms ha voluto sottolineare come «abbiamo fatto progressi nel tenere questo tipo di odio fuori dalle nostre piattaforme – bandendo oltre 270 organizzazioni di suprematismo bianco, rimuovendo oltre 2,3 milioni di contenuti legati all’odio organizzato a livello globale dalle nostre piattaforme nel terzo trimestre del 2021 e riducendo la prevalenza del discorso di odio allo 0,02% dei contenuti visualizzati su Instagram».

Risulta evidente, ancora una volta, come la moderazione non sia ancora abbastanza efficace. Proprio in quella direzione devono investire le piattaforme, nell’implementazione di regole che vadano a filtrare efficacemente contenuti che incitano all’odio distinguendoli da quelli in cui, invece, si discute in maniera legittima. La co-fondatrice del Global Project Against Hate and Extremism è stata chiara: «Se l’ADL può mandare un paio di ricercatori a scavare su Instagram e trovare un mucchio di account nazisti, non ci sono scuse per Instagram».

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