Steve Jobs: ecco quello che non diciamo di lui
10/10/2011 di Claudia Santini

L’impatto non sempre positivo dell’ex CEO Apple

NON SOLO GENIO – Jobs non era una capo facile. Sapeva essere estremamente rude, ostile, sprezzante e fin dispettoso: alcuni dipendenti Apple raccontano addirittura episodi di bullismo da parte di Jobs, che ha saputo sfruttarne paure e debolezze per tenerli sulla corda. Come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, Jobs ha contribuito, con la produzione di gran quantità di terminali, alla disperazione di operai cinesi costretti a orari disumani con paghe indecenti. Nonostante il suo elogio del libero pensiero e della genuina creatività, l’ex CEO Apple imponeva regole assolutamente ferree, al limite del paranoico, sul controllo centralizzato di cosa e chi potesse parlare per la società. Il controllo di Apple su ciò che utenti e sviluppatori possono esprimere su App Store è noto: stringente, molto molto accurato. Per qualsiasi applicazione, serve il permesso di Apple che, nel tempo, ha vietato qualsiasi contenuto di genere erotico, ma arrivando anche ad eliminare arte gay, guide per il turismo gay, cartoni animati innocui, immagini appena sexy, caricature politiche e qualsiasi cosa possa essere ritenuta moralmente “sospetta”. C’è chi accusa i terminali Apple di connetterci con un mondo di informazione, privandoci però di una piena espressione delle idee con restrizioni fin esagerate. Anche la gestione stessa dell’informazione, all’interno dell’azienda, è vista come uno spauracchio: il controllo e la centralizzazione delle comunicazioni è necessaria. L’Apple “Worldwide Loyalty Team” mette a tacere gli spioni, sequestra telefoni e controlla computer. La società attua precise tecniche di comunicazione anche con la stampa, cercando di evitare il contraddittorio. A livello legale, Apple è uno squalo: ad esempio, nel 2005 ha denunciato il blogger 19enne Nick Ciarelli per aver preannunciato l’esistenza del Mac Mini.