Venezia 76: Apertura tra le polemiche per Polanski e quote rosa

La conferenza stampa d’apertura con le giurie di Venezia 76 è stata caratterizzata dalle polemiche per la presenza di Roman Polanski e dei pochi film nelle varie sezioni diretti da registe donne. Botta e risposta tra Lucrecia Martel e Alberto Barbera.

Si è aperto ufficialmente il sipario su Venezia 76 (tutte le star più attese) con la tradizionale conferenza stampa di presentazione delle giurie, con quella del concorso guidata dalla regista Lucrecia Martel, alla presenza del presidente della Biennale Paolo Baratta e del direttore artistico della Mostra del Cinema Alberto Barbera. Il dibattito con la stampa internazionale si è concentrato soprattutto sulla presenza in concorso dell’ultimo film di Roman Polanski, al centro di vicende giudiziarie per dei casi di molestie sessuali per cui è stato processato in passato.

Lucrecia Martel sottolinea come abbia accolto con ben poco entusiasmo la scelta di Alberto Barbera di selezionare “J’Accuse”, lanciando delle bordate al cineasta polacco: “Non separo l’uomo dall’opera. La presenza di Polanski, dopo le vicende legate al suo passato, è stato un disagio per me. Ho fatto delle ricerche e ho chiesto a scrittori che se ne sono occupati di raccontarmi le vicende nel dettaglio. Ho visto che la vittima di Polanski ha considerato il caso chiuso, non negando i fatti ma dicendo che il signore aveva adempiuto a ciò che era stato chiesto lui“.

La regista continua annunciando la sua assenza per la cena di gala in onore di Roman Polanski: “Non sarà facile per me valutare in maniera separata dalla vicenda, non parteciperò alla cena di gala di Polanski perché rappresento molte donne che in Argentina lottano per questi temi. Non posso applaudirlo alla cena, ma è giusto che lui sia al Festival perché questo è il luogo migliore per un dialogo anche su questi dibattiti”.

La regista argentina però poi ammorbidisce il tiro, spiegando come la giustizia debba fare il suo corso e permettere anche la riabilitazione una volta scontata la pena: “Credo che questo dibattito sia molto importante per due motivi. Non separo l’opera dall’uomo, ma credo che quest’uomo meriti una chance per i fatti umani e le riflessioni che ha messo nei suoi film. Un uomo che commette un reato di questa entità e viene condannato, se la vittima ritiene di essere risarcita, chi siamo noi per poterlo giustiziare? Dobbiamo cacciarlo dal festival per proteggerlo da una presenza ingombrante? Questi sono i dibattiti del nostro tempo, togliere o mettere Polanski in questo festival obbliga a discutere su un tema che tutti viviamo. La questione è fino a che punto dobbiamo escludere una persona che ha già pagato con un processo”.

Lucrecia Martel poi confessa di aver accettato di dirigere la giuria di Venezia 76 prima dell’annuncio di Roman Polanski tra i film in concorso, lasciando intendere che forse avrebbe declinato se lo avesse saputo preventivamente: “Immaginate una donna che deve guidare la giuria e riceve la notizia di questo ospite solo dopo aver accettato. Mi piace Venezia ma vorrei essere a casa mia. Questo è anche un luogo politico e dobbiamo conversare su questi temi. Io non sono un giudice, noi come umanità potremmo giudicare e interrompere le conversazioni, dobbiamo approfittare per discuterne insieme”.

Anche il direttore Alberto Barbera difende con forza la scelta di selezionare “J’Accuse” di Roman Polanski, sottolineando come per un festival del cinema l’unico metro di valutazione è la qualità facendo anche esempi pesanti con il passato: “Ho sempre risposto che, al di là della considerazione di un tema complesso e a cui non è facile dare risposte, sono convinto che si debba distinguere l’uomo dall’artista. La storia dell’arte è piena di artisti che hanno commesso crimini ma non per questo abbiamo smesso di ammirare le opere da loro prodotte. Polanski è uno degli ultimi grandi maestri del cinema europeo”.

Il direttore artistico poi continua ribadendo che non è un giudice, ma soltanto una persona che svolge il suo lavoro: “Non penso che potremo aspettare 200 anni per scoprire se la sua opera è bella o dimenticabile, come accaduto per opere del passato di artisti in seguito storicizzati. Credo che debba essere giudicato subito. Il film mi è piaciuto immediatamente e l’ho invitato senza nessun dubbio. Non sono un giudice che deve esprimersi per giustizia se mandare un uomo in carcere, sono un critico cinematografico che giudica un film e il mio lavoro finisce lì. Anche gli spettatori dovrebbero fare questo”.

Venezia 76, il dilemma delle quote rosa divide

Lucrecia Martel spiega a sorpresa di essere favorevole ad introdurre nei festival delle quote rosa per ovviare al problema di vedere pochissimi film diretti da donne all’interno della selezione di Venezia 76, così come accaduto anche all’ultimo Festival di Cannes: “Non è mai soddisfacente il discorso delle quote, ma pensò che in questa fase di transizione non ci siano altre possibilità per dare alle donne il ruolo che spetta loro. Non mi piacciono le quote, ma non c’è nessun altro modo di obbligare l’industria per prendere in considerazione film diretti da donne. Non voglio dire che un film girato da una donna stia facendo una grande lettura dell’umanità, ma senza dubbio posso dire che il cinema non sta rappresentando la complessità della società”.

Susanna Nicchiarelli, vincitrice a Orizzonti con “Nico 1988”, spiega che secondo lei le quote rosa ci dovrebbero essere in altri contesti: “Non ha senso parlare di quote per una selezione di un festival, da regista donna che ha vissuto le difficoltà maggiori rispetto ad un uomo credo che il settore in cui dobbiamo essere aiutate è l’ammissione nelle scuole di cinema e per i finanziamenti. Un festival è alla fine del percorso ed è delicato mettere delle regole, si rischiano di avere mille paletti. Il criterio di selezione è la qualità. La cosa più importante è come le donne siano raccontate e mostrate nei film, più che loro stesse a dirigere”.

Alberto Barbera boccia in toto la questione delle quote rose, ribadendo che ad un festival l’unico criterio accettabile per la selezione sia quello della qualità: “Sono contrario all’idea delle quote rosa nella selezione dei festival, credo che abbia ragione Susanna quando dice che devono esserci per l’ammissione nelle scuole e nei finanziamenti. I selezionatori non hanno pregiudizi verso le donne, se ci fossero più donne si verrebbe meno al criterio della qualità rispetto ai film. Tutti gli altri criteri sono inaccettabili. Il regista forse è l’elemento più importante, ma stiamo dimenticando che il cinema è un’arte collettiva e ci sono tantissime donne. Ci sono poche registe perché l’industria da questo punto di vista è da sempre maschilista”.

Lucrecia Martel ha alimentato il botta e risposta lanciando una provocazione: “Siamo alla 76esima edizione, quindi signor Barbera vorrei sperimentare se mettendo un 50 e 50 questo porterebbe a un cambiamento positivo o a una riduzione della qualità. Non sarebbe così male avere un esperimento per un paio d’anni”, con il direttore che ha prontamente risposto “Se io avessi trovato il 50% di film diretti da donne da mettere in concorso lo avrei fatto. Ci ho provato, abbiamo ricevuto 1850 film in selezione e solo il 23% erano diretti da donne. Abbiamo visto tutti questi film, purtroppo secondo noi non c’erano più film validi per il concorso principale. Cannes ne ha avuti quattro su venti e credo che ne avrebbero voluti di più. Vorremmo trovarne di più non soltanto per placare le polemiche, ma perché sarebbe giusto e un bel risultato per tutti. Sarebbe il segno che sono venute meno le barriere e i pregiudizi. Altri festival prendono prodotti che noi scartiamo, pertanto mi vengono dubbi sui criteri di selezione”.

Alberto Barbera conclude poi la conferenza spiegando che ci sono dei cambiamenti che lo rendono ottimista sul futuro “Ho anche rivisto più volte film di donne a noi proposti e che non ho apprezzato nella misura adeguata per invitarli. Il nostro comitato di selezione è composto per il 50% di donne, ma le componenti di esperte sono state d’accordo su questa selezione. Dico però che sono ottimista e che le cose stanno cambiando, perché quest’anno nei cortometraggi nel concorso più del 45% c’erano registe donne. Le cose stanno cambiando ed è più facile realizzare il cortometraggio. Purtroppo nel lungometraggio è più dura per una questione di finanziamenti e di mentalità dell’industria”.

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