Scary Stories to Tell in the Dark: parola al regista André Øvredal

18/10/2019 di Redazione

Scary Stories to Tell in the Dark, diretto dal regista André Øvredal è uno dei migliori horror degli ultimi tempi. Scritto e prodotto da Guillermo Del Toro uscirà nelle sale italiane il 24 ottobre ed è stato proiettato in anteprima alla Festa del Cinema. In occasione della conferenza stampa, il regista ha spiegato alcune influenze del film e le sue passioni cinematografiche di sempre.

La storia di svolge ad Halloween nel 1968, molti giovani sono in partenza per il Vietnam e alcuni ragazzi scompaiono in circostanze misteriose: c’è un’analogia con quelli che partono per guerra?

Si, ma non c’è un collegamento molto stretto, anche se Ramon rispecchia il personaggio che deve partire per la guerra. Diciamo comunque che un’analogia c’è; si tratta di un’epoca molto particolare nella storia quindi ci sono molti riferimenti nel film.

C’è una frase importante che ricorre spesso nel film: “le storie feriscono, le storie guariscono e se le ripeti diventano vere”. Quanto questa affermazione ha a che fare con l’oggi? C’è un collegamento?

Non mi rimane altro da dire, è proprio cosi. Ecco come ha vita può essere distrutta: la vita di Stella è stata distrutta dalle dicerie del paese. La tua vita online può essere distrutta in un istante.

Anche prima dei social come Sarah ad esempio. Forse la maldicenza non ha età.

Si assolutamente, è un problema senza tempo. Dal piccolo villaggio fino all’avvento di internet: il problema è sempre lo stesso, ed è un problema eterno.

Cosa ha trovato di interessante nei racconti che avete scelto di inserire nel film? Come li avete scelti?

Diciamo che è stato un processo di scelta prima del mio coinvolgimento nel progetto. Gli sceneggiatori avevano un certo setting e loro hanno deciso cosa inserire nel film. Storie modificate, entrate e uscite, ma quelle che sono rimaste erano quelle più rivelatrici su ogni singolo personaggio.

Cosa hai trovato tu di interessante?

Io penso come cineasta, quindi come si tratta della paura dell’ignoto. Quello che ho trovato fondamentale è rivivere gli incubi nella stessa maniera in cui li sognavano. Secondo Del Toro si tratta di un un horror umanistico: volevo creare una storia molto umana, in modo tale che il pubblico si innamorasse dei protagonisti e che li conoscessero nella propria intimità prima che si creassero i problemi.

Quali sono gli elementi secondo lei più importanti per creare suspense e tensione?

Credo moltissimo nella narratività, dunque gli strumenti alla Hitchcock funzionano sempre e sono divertenti per il pubblico. Nella testa lo spettatore anticipa l’azione. Hitch lo ha sempre detto, io devo capire da dove proviene la mia paura e se voglio me la godo anche. Uso gli strumenti che funzionano per me.

Quale è la sua più grande paura?

Paure personali, a livello sociale, ne ho molte: ad esempio che il mondo impazzisca, la guerra, la povertà… Il cinema è un buon mezzo per sperimentale, ma speriamo di non viverle mai.

L’horror è sempre il genere più preferito dai giovani. Come è lavorare coi giovani?

Questi attori sono stati veramente straordinari e professionali, preparatissimi. È un lusso lavorare coi giovani, non si sono schematizzati anche se spesso può succedere. All’inizio avevo un po’ paura, ma poi è andata tutto bene.

SAN DIEGO, CALIFORNIA – JULY 20: Director André Øvredal of “Scary Stories To Tell In The Dark” poses on stage at Horton Grand Theater on July 20, 2019 in San Diego, California. (Photo by Daniel Knighton/Getty Images for CBS Films)
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