End of Justice: Nessuno è innocente – Recensione film con Denzel Washington
28/05/2018 di Redazione
End of Justice: nessuno è innocente, esce finalmente la pellicola che è valsa l’ennesima nomination all’Oscar Denzel Washington, che nulla poteva contro il Churchill di Gary Oldman, ma che sicuramente in un’altra edizione degli Oscar gli sarebbe valsa la statuetta.
End of Justice: nessuno è innocente, il personaggio interpretato da Denzel Washington è un’avvocato che si presenta a tutti con il nome di Roman J. Israel Esquire… Esquire come ci racconterà nella pellicola è un titolo speciale che si trova sopra il gentiluomo e sotto il cavaliere.
Sicuramente un termine corretto per giudicare l’incredibile performance in End of Justice sarebbe quello di chiamare l’attore Denzel Washington Oscar, dove aggiungiamo il nome della simbolica statuetta, film che gli è valso l’ennesima nomination, e che ha avuto la sfortuna di capitare nella edizione dove il Churchill di Gary Oldman (leggi il nostro incontro con lui a Cannes) non poteva non vincere.
Roman J. (Denzel Washington) in End of Justice lavora in uno studio legale da oltre 20 anni dove tutte le cause sono discusse in aula dal suo socio, mentre lui prepara in maniera meticolosa tutto il materiale per affrontare i casi, spesso lavorando per clienti che non sono in grado di pagare, ma necessitano di una difesa.
Roman è colui che studia i casi , prepara tutto, conosce a memoria tutto il sistema giudiziario, in questo caso parliamo del diritto penale americano profondamente diverso dal nostro, ma che grazie ormai alle innumerevoli serie tv risulta familiare al nostro pubblico, un punto di rifermento è The Good Wife, una delle migliori serie tv sull’argomento. Ma in realtà il vero protagonista della vicenda in End of Justice non sono le cause o le aule di tribunali, ma Roman J. Israel Esquire.
Un personaggio in End of Justice costruito dall’attore con una probabile sindrome di savant, come intuisce George Pierce il capo dello studio legale (interpretato da un perfetto Colin Farrell) che assumerà Roman J. dopo che il suo socio verrà colpito da una grave attacco di cuore.
Il personaggio di Roman sembra essere rimasto ancora agli anni 70 nella Los Angeles dei giorni nostri. Vive da solo, veste malissimo, porta una vecchia capigliatura afro, fruisce dell’I-pod con delle vecchie cuffiette del primo walkman Sony, la sua casa è piena di vecchi vinili e tomi legali imbrattati da post-it. Si muove con i mezzi pubblici, in una città che per estensione necessità quasi obbligatoriamente l’uso dell’automobile.
Ma a modo suo Roman J. Israel è un piccolo genio a livello legale, conosce il sistema, ed ha preparato un gigantesco dossier per riformare il sistema penale giudiziario penale americano per renderlo più equo, visto che la maggior parte dei casi non vengono mai discussi in aula, ma di solito ci si accorda con pene ridotte e non anche per molti casi di innocenza.
Diretto da Dan Gilroy alla sua seconda opera dopo Lo Sciacallo- The Nightcrawler con Jack Gyllenhall, e prodotto dalla stesso Denzel Washington, End of Justice rapidamente ci trascina nel modo di Roman J. fatto di tante piccole e grandi difficoltà, fino a condurci al vero cuore della storia, quello dove il nostro protagonista dovrà scegliere tra un facile guadagno, che può risolvere i problemi scatenati da un suo maldestro tentativo di aiutare un importante cliente, o scegliere la via dell’onestà.
Non vogliamo sinceramente anticipare nulla sulla trama di End of Justice per chi non conosce la vicenda, ma sicuramente l’analisi che compie Washington assieme a Gilroy, lascia molto da riflettere allo spettatore. Il dilemma morale di mantenere i proprio principi morali, contro quello di una vita più semplice ed agiata, conduce il personaggio ad uno scontro con sé stesso. Certamente un film da fare vedere a tutti i nostri politici in modalità “Arancia Meccanica“. Per quanto riguarda invece i semplici spettatori in cerca di due ore di serio intrattenimento la pellicola soddisfa sotto tutti i punti di vista.
Per concludere con le parole dello stesso regista di End of Justice Dan Gilroy per il quale il duplice onere e la benedizione delle convinzioni sono esemplificati da una citazione del pioniere dei diritti civili Bayard Rustin:
“Roman ha delle foto dei suoi eroi sul suo muro, Rustin è rappresentato insieme alla sua citazione: ‘Combattiamo con rabbia l’ingiustizia, ma non lasciamo che questa ci distrugga ‘.“Questa è la domanda che si pone Roman nel film – fino a che punto è stato salvato o consumato dalla sua lotta contro l’ingiustizia? Chiunque ascolti questa domanda e cerchi la giusta risposta potrà rivedersi in Roman.”