L’Italia è pronta a un futuro tra smart e co-working?

I dati recenti pongono il nostro Paese nelle retrovie. Ma il trend ha ripreso una crescita molto interessante

24/02/2024 di Redazione Giornalettismo

Durante la pandemia, per ovvi motivi, c’è stato il picco massimo mai registrato nel nostro Paese, anche se sarebbe stato più corretto parlare di telelavoro. Ma oggi, con la situazione tornata alla normalità e le restrizioni che sono tornate a essere un lontano ricordo, qual è il quadro della situazione dello smart working in Italia. Gli ultimi dati hanno messo in evidenza due tendenze: da un lato una lenta crescita (e neanche costante) negli ultimi due anni; dall’altro, un ritardo enorme rispetto agli altri Paesi. Soprattutto rispetto a quelli del Nord Europa.

Smart working in Italia, tra dati e spazi di co-working

Nel 2023, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, i lavoratori da remoto in Italia sono stati 3,585 milioni. Un dato che, probabilmente, crescerà lievemente nel corso del 2024. Ma sono tanti o pochi? Sono moltissimi rispetto al 2019 (+541%), ma limitati rispetto al resto del mondo. Per esempio, in Svezia e negli altri Paesi nordici il lavoro agile è entrato a far parte, quasi completamente, del sistema lavorativo. E anche il resto d’Europa sta seguendo questa strada. E, di pari passo, crescono anche gli spazi di co-working. In Italia, per esempio, se ne registrano circa 800 (la maggior parte a Milano e in Lombardia).

Al netto delle soluzioni a tempo prese durante la pandemia, l’Italia non ha mai affrontato seriamente il tema dell’evoluzione tecnologica e quello dello smart working. La legge che regolamenta il lavoro agile (e le sue caratteristiche) risale al 2017 e non tiene conto di moltissimi aspetti legati all’evoluzione e lo sviluppo di nuovi sistemi digitali. E siamo ancora in attesa di quella legge promessa dal Ministro Urso per ripopolare i piccoli borghi attraverso incentivi per lo smart e il co-working.

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