Che fine ha fatto la promessa di una legge su co-working e borghi connessi?

Sono passati quasi dieci mesi da quando il Ministro Adolfo Urso aveva annunciato un provvedimento che doveva essere varato a settembre

21/02/2024 di Enzo Boldi

“Lavora nel mondo, vivi in Italia”. Uno slogan che ha il sapore di campagna elettorale, ma che – in realtà – rappresenta una promesse (per ora incompiuta) dell’attuale governo. Prima ad aprile e poi a maggio dello scorso anno, il Ministro delle Imprese e del Made in Italy – Adolfo Urso – aveva sbandierato ai quattro venti l’arrivo imminente di una legge in grado di valorizzare il territorio italiano e contrastare il fenomeno dello spopolamento di alcune aree geografiche attraverso iniziative di smart-working. Ma di quel progetto che, secondo le dichiarazioni iniziali, doveva arrivare a dama con il varo dell’esecutivo nel settembre del 2023, si sono perse le tracce e l’idea di unire il concetto di co-working a quello dei borghi connessi è finito nel cassetto dei ricordi.

LEGGI ANCHE > Lo smart working non è il telelavoro: crescono gli spazi di co-working

Prima l’intervento durante il Vinitaly 2023 del mese di aprile, poi la conferma durante l’intervento sul palco del Forum PA di maggio dello scorso anno. In entrambe le occasioni, è stato lo stesso Ministro Urso a tirare in ballo il tema del co-working e borghi connessi, parlando di una legge che sarebbe stata varata a settembre per contrastare lo spopolamento di alcune zone del nostro Paese, in particolare quelle che contano meno di 5mila abitanti.

Co-working e borghi connessi, che fine ha fatto la legge?

«Tra i prossimi provvedimenti su cui stiamo lavorando uno riguarda il territorio, la promozione del nostro Paese e il ripopolamento dei piccoli centri – disse Adolfo Urso durante il suo intervento al Vinitaly 2023 -. Possiamo chiamarlo così: ‘Lavora nel mondo, vivi in Italia’. Vogliamo attrarre i navigatori digitali per ripopolare i borghi italiani. L’iniziativa riguarderà coloro che pur mantenendo la propria attività fuori dai nostri confini decidono di vivere nel luogo più bello del mondo, appunto l’Italia». Il tutto parallelamente al progetto Polis di Poste italiane che, però, ha coperto solamente uno dei tanti aspetti. Della legge per rendere accessibili (lavorativamente parlando) i piccolo borghi italiani ai lavoratori digitali, non vi è alcuna traccia.

La vecchia proposta

Nel corso della precedente legislatura, il Partito Democratico aveva presentato un disegno di legge in cui si parlava proprio dello smart working (attraverso spazi di co-working) come strumento per ripopolare alcune zone d’Italia. Quei borghi che, progressivamente, stanno andando a spopolarsi. E venivano anche forniti dei contorni entro cui muoversi. In Particolare, l’articolo 2 del ddl recitava:

  • riconoscimento di incentivi fiscali e contributivi ai datori di lavoro che promuovono lo svolgimento nei piccoli comuni dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile, per un periodo non inferiore a cinque anni, nonché a quelli che avviano, nei piccoli comuni, progetti di riorganizzazione e riqualificazione degli spazi dell’impresa per favorire il lavoro condiviso tra lavoratori in lavoro agile, nel rispetto della normativa vigente in materia di sicurezza sul lavoro;

  • riconoscimento di agevolazioni fiscali e di detrazioni delle spese documentate per favorire l’acquisto e il recupero di immobili abbandonati, nonché per favorirne, per un periodo non inferiore a dieci anni, l’abitazione a un prezzo simbolico e la ristrutturazione, prevedendo altresì, a tali fini, procedure amministrative semplificate da parte delle sovrintendenze locali;

  • riconoscimento di agevolazioni fiscali per favorire l’insediamento di nuovi residenti nei piccoli comuni, con particolare riferimento ai nuclei familiari con indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) inferiore a euro 40.000;

  • concessioni di mutui agevolati per gli investimenti necessari a favorire lo sviluppo tecnologico dei piccoli comuni, con particolare riferimento alle attività finalizzate a consentire lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile;

  • riconoscimento di agevolazioni fiscali e di detrazioni delle spese documentate per garantire e completare la diffusione della rete a banda ultra larga per lo svolgimento nei piccoli comuni dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile;

  • adozione di misure adeguate a facilitare l’accesso dei servizi pubblici essenziali nei piccoli comuni.

Princìpi che sono finiti nel dimenticatoio, con il ddl finito sul tavolo della Commissione Affari Costituzionali del Senato e che attende ancora di essere analizzato e valutato.

 

Share this article