Gli indizi per prevedere il maxi sequestro a Airbnb c’erano tutti

Come siamo arrivati a un sequestro di tale portata da parte del Fisco italiano nei confronti di Airbnb? Ripercorrendo anche solo gli accadimenti dell'ultimo anno, gli indizi c'erano tutti

07/11/2023 di Ilaria Roncone

Come abbiamo già puntualizzato in un precedente articolo, la legge italiana del 2017 che ha decretato che sia l’intermediario – in qualità di sostituto d’imposta – a trattenere la “porzione” da versare all’Erario è stata legittimata sia dalla Corte di Giustizia Europea (nel dicembre 2022) che dal Consiglio di Stato lo scorso ottobre. Airbnb – così come qualsiasi altro intermediario – era consapevole del proprio ruolo secondo la legge. Il sequestro di quei 776 milioni di euro ad Airbnb, quindi, era sostanzialmente già annunciato anche considerando le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate con cui Airbnb stesso ha ammesso di aver dialogato a lungo.

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Sequestro milionario a Airbnb: gli indizi c’erano tutti

Rispetto alle indagini che la Procura di Milano stava effettuando erano già emerse evidenze (e numeri) nel corso dell’estate 2023. Le tasse non versate al fisco italiano da Airbnb erano state quantificate in 500 milioni di euro. Tutto è partito da campanelli d’allarme ben precisi: la presenza, tra i proprietari di immobili messi sul mercato tramite Airbnb, di persone nullatenenti o con redditi molto bassi titolari di diversi appartamenti in numerose città d’arte e località turistiche.

Il primo filone di questa indagine da parte del Nucleo economico-finanziario della Guardia di Finanza di Milano si è concluso con la maxi contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate alla piattaforma statunitense per quei 500 milioni di euro non versati al Fisco italiano violando, appunto, la legge del 2017 che imponeva alle piattaforme web il ruolo di sostituto di imposta che trattiene il 21% sugli affitti incassati da coloro che mettono il loro appartamento in affitto su Airbnb. Quella ritenuta sarebbe poi dovuta essere versata allo Stato.

Dei 779 milioni si parla già dallo scorso maggio

Ripercorrendo azioni e reazioni dei vari attori in campo, emerge come già lo scorso maggio la Guardia di Finanza di Milano avesse emesso un verbale di accertamento fiscale raccomandato all’Agenzia delle Entrate per 779 milioni di euro – appunto – nei riguardi della controllata di Airbnb in Irlanda in relazione al mancato rispetto della legge del 2017 con relativi obblighi di ritenuta d’acconto.

L’allarme era già scattato in estate, con le contestazioni dell’agenzia delle entrate con cui Airbnb ha detto di aver dialogato a lungo (Come Federalberghi aveva reagito al deposito delle motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato che costringeva Airbnb a versare le tasse dovute). Solo Meta, a capo di Facebook e Instagram, ha precedentemente ricevuto la richiesta di una cifra milionaria a questi livelli (870 milioni, nello specifico) per l’Iva. In tutto questo tempo Airbnb ha sempre fatto presente di stare lavorando insieme alle autorità fiscali italiane per porre rimedio alla questione

Rispetto al pronunciamento del Consiglio di Stato, che ha recepito le indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, si è pronunciato in maniera estremamente favorevole Federalberghi (associazione degli imprenditori che gestiscono alberghi) che, da tempo, chiedevano che «tutti gli attori del settore dell’accoglienza giocassero con le ‘stesse regole’».

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