Quattro anni di tasse nel mirino: il sequestro di 776 milioni di euro ad Airbnb

L'atto non era inaspettato, soprattutto dopo il deposito della sentenza del Consiglio di Stato alla fine di ottobre. La procura di Milano ha ottenuto il maxi-sequestro

07/11/2023 di Gianmichele Laino

Dal 2017 al 2021. È questo il periodo di tempo che è stato analizzato dalla procura di Milano che, nell’ambito di un’inchiesta della Guardia di Finanza, ha chiesto e ottenuto il sequestro di 776 milioni di euro per Airbnb per il mancato versamento delle tasse sugli affitti brevi. In base a quanto ricavato da Airbnb in questo quadriennio, il corrispettivo del sequestro equivale al 21%. Si tratta della cosiddetta cedolare secca «su canoni di locazione breve per euro 3.711.685.297 corrisposti nel periodo 2017-2021 dagli ospiti delle strutture ricettive pubblicizzate dalla piattaforma, a fronte delle prenotazioni effettuate, importi successivamente retrocessi ai proprietari degli immobili (host), al netto della commissione addebitata per l’utilizzo della relativa infrastruttura digitale».

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Sequestro Airbnb, quali sono state le reazioni

La reazione di Airbnb (che ha visto indagati anche tre dei suoi dirigenti) rispetto alla decisione dei pm Giovanni Polizzi, Cristiana Roveda e Giancarla Serafini, coordinati dal procuratori Marcello Viola e dalla aggiutna Tiziana Siciliano, è stata di forte sorpresa: «Airbnb Ireland ha in corso una discussione con l’Agenzia delle Entrate dal giugno 2023 per risolvere questa questione. Siamo sorpresi e amareggiati dall’azione annunciata dal procuratore della Repubblica lunedì. Siamo fiduciosi di aver agito nel pieno rispetto della legge e intendiamo esercitare i nostri diritti in merito alla vicenda». Tuttavia, già la pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato alla fine di ottobre aveva fatto pensare a una soluzione di questo tipo, dal momento che il pagamento della cosiddetta “cedolare secca” era stato annoverato tra le responsabilità dello stesso Airbnb.

Gli inquirenti che stanno portando avanti le inchieste hanno valutato che il mancato pagamento delle tasse da parte di Airbnb non sia stato frutto di negligenza, ma di una scelta consapevole e deliberata inserita nel piano imprenditoriale della multinazionale americana. La scelta che è stata fatta dalla procura, attraverso il sequestro, è quella di non andare a incidere né sul mancato versamento delle ingenti somme di denaro alla pubblica amministrazione, né sull’equilibrio del mercato: la scelta di Airbnb di non corrispondere queste tasse, infatti, avrebbe potuto continuare ad avvantaggiare l’azienda rispetto ai suoi concorrenti.

Secondo Airbnb, l’applicazione del 21% a tutto il suo fatturato nei quattro anni presi come riferimento non può essere estensiva: molti sono gli host che sfruttano l’applicazione che fanno questo per mestiere e che, quindi, sarebbero tenuti al versamento di tasse indipendentemente da Airbnb stessa. Ma secondo la procura questa è solo una interpretazione della norma che non troverebbe riscontri: da qui la decisione di procedere con il sequestro stesso.

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