Revenge porn, portiamo la sentenza per il caso della maestra di Torino anche fuori dai tribunali

Giustizia è stata fatta (almeno in tribunale), ora occorre che la giovane donna possa tornare a lavorare senza quel marchio addosso

19/02/2021 di Ilaria Roncone

A quanto pare il «clima di conforto» di parlava la preside della scuola che ha licenziato la maestra Torino vittima di revenge porn non ha convinto il giudice del processo. Risultato? La dirigente scolastica – insieme alla madre di un’alunna – è stata condannata. La storia della maestra di Torino è salita agli onori di cronaca nel 2020, seppure il fatto risalga alla primavera del 2018, e trova oggi un epilogo del primo capitolo della vicenda giudiziaria. La giustizia ha punito chi ha cacciato la giovane dall’asilo in cui lavorava perché un suo ex fidanzato aveva messo in circolazione tramite la chat del calcetto video e foto prodotti in momenti di intimità. Il verdetto prevede un anno e un mese di reclusione con la condizionale per la preside e un anno per la madre dell’alunna.

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Maestra Torino, condanna alla preside per violenza privata e diffamazione

La pm Chiara Canepa ha definito «gogna scolastica» il trattamento che la maestra di Torino ha dovuto subire. La sentenza di oggi dà ragione alla giovane donna punendo chi l’ha licenziata e umiliata, giudicandola per quel materiale oltre che detenendolo sui propri dispositivi e condividendolo con altre persone. Un anno alla madre di una bimba che frequentava la scuola e che era in buoni rapporti con la maestra per aver divulgato un collage delle foto intime. Alla preside, inoltre, spetta il pagamento di una provvisionale di 7.500 euro mentre la madre deve una provvisionale di 5.000 euro.

La preside dopo la sentenza: «Siamo tutti lupi cattivi. È una storia raccontata male»

Questo è quanto ha affermato la donna dopo aver ricevuto la sentenza. La vittima dell’atto di revenge porn rimane comunque con l’amaro in bocca: «È stato messo un punto fermo: la verità è emersa. Resta l’amarezza per tutto ciò che è accaduto. Ancora adesso per colpa di questa vicenda non ho più un lavoro. Io voglio solo poter tornare a fare la maestra d’asilo», ha affermato la ragazza. Il commento dei legali della giovane ha voluto sottolineare come «nessuno, tantomeno le donne, debba essere giudicato per quello che fa in camera da letto. Contano solo competenze e professionalità. È finita l’epoca della lettera scarlatta». L’ex fidanzato della maestra ha scelto la messa alla prova, scontando così un anno di lavori socialmente utili. Via la lettera scarlatta, dunque, ma come è stato chiarito dalla vittima ora occorre lavorare fuori dai tribunali: qualcuno deve darle nuovamente lavoro.

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