La soluzione della Meloni sul POS sta nello sconto sulle commissioni (che sono già basse)

Per cercare di far digerire meglio una eventuale eliminazione della soglia minima di 60 euro per l'obbligo di ricevere pagamenti con il POS, il governo pensa a un piano B

08/12/2022 di Gianmichele Laino

C’è del situazionismo. Il limite, inserito nella bozza della manovra varata da Palazzo Chigi, di 60 euro per accettare obbligatoriamente il pagamento con POS per gli esercenti, con il correlato rischio di sanzioni, è stato messo più volte in discussione in questi giorni. Soprattutto da Bruxelles: le misure per disincentivare la circolazione del contante rientrano tra gli obiettivi che l’Italia ha inserito nel suo Pnrr e che sono il presupposto fondamentale per ottenere i fondi europei per il 2023. Non esattamente bruscolini, visto che si parla di 40 miliardi di euro. Allora, per mettersi al riparo da un eventuale ritiro in blocco dell’introduzione della soglia dei 60 euro per il POS, il governo starebbe studiando delle soluzioni alternative, che permetterebbero ai commercianti di ottenere un piccolo aiuto, un incentivo in cambio del mantenimento dello status quo sui pagamenti elettronici. Al momento, infatti, restano in piedi le regole entrate in vigore il 1° luglio 2022, che parlano di obbligo esteso a qualsiasi importo, pena multe per chi dovesse essere sprovvisto di POS. Il piccolo aiuto, nella fattispecie, sarebbe rappresentato da uno sconto sulle commissioni del POS.

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Sconto sulle commissioni del POS, la proposta del governo

Secondo quanto riportato da Repubblica, una delle ipotesi al vaglio dei capigruppo della maggioranza, che stanno cercando di trovare una mediazione rispetto ai tanti emendamenti presentati, sarebbe quella di abbassare le commissioni per le transazioni con il POS. Ricordiamo, tuttavia, che queste ultime sono già simili – nella maggior parte dei casi – ai costi che i commercianti, più o meno consapevolmente, affrontano per il contante.

L’ecosistema bancario, negli ultimi anni, ha dato un forte impulso ai pagamenti elettronici, offrendo delle condizioni favorevoli proprio sulle commissioni. Per i micropagamenti, quelli inferiori a 15 o 10 euro ad esempio, in molti casi le commissioni sono praticamente azzerate, mentre per gli importi più elevati queste ultime si attestano nel range compreso tra lo 0,9% e l’1,8% del valore dell’importo. Per agire su queste commissioni, il governo starebbe pensando a un credito di imposta fino al 60% per i pagamenti fino a 30 euro. Basta fare una comparazione con i dati snocciolati in precedenza per capire che questo credito di imposta sarebbe davvero minimo e non rappresenterebbe sicuramente un investimento interessante. Anche perché, sempre nelle ipotesi che si stanno presentando, non si capisce ancora se questo credito debba essere garantito dagli istituti bancari o dallo Stato. Insomma, si indica la luna e si guarda il dito. C’è bisogno di una bandierina per far accettare meglio la rinuncia a un provvedimento – l’introduzione del limite dei 60 euro – che alcuni esponenti della maggioranza hanno voluto a tutti i costi portare avanti.

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