Il Comune di Roma sa che il riconoscimento facciale è illegale in Italia?
L'idea annunciata dall'assessore alla Mobilità, Eugenio Patanè, è di installare telecamere ad hoc nelle stazioni metro. Ma nel nostro Paese c'è una moratoria (rinnovata fino alla fine del 2025)
09/05/2024 di Enzo Boldi
Una notizia passata sottotraccia, nonostante sia contraria alla normativa vigente. L’idea annunciata dall’assessore alla Mobilità del Comune di Roma, Eugenio Patanè, in vista del Giubileo del 2025 è – di fatto – illegale. Ovviamente non si fa riferimento all’installazione di telecamere di video-sorveglianza all’interno delle stazioni delle tre linee della metropolitana capitolina, ma a una specifica tecnica di questi strumenti: saranno uno strumento per procedere “in diretta” con il riconoscimento facciale. Peccato che in Italia ci sia una moratoria su questo tema, la cui scadenza è stata prorogata (nel giugno del 2023, all’interno del decreto legge numero 51) fino al 31 dicembre del 2025. Dunque, dopo la fine dell’anno giubilare.
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Le parole dell’assessore Patanè nel corso della recente audizione congiunta delle commissioni Mobilità e Giubileo 2025, non lasciano spazio a molte interpretazioni, come testimonia il video pubblicato da RomaToday.
«Le telecamere che stiamo installando non hanno solo il riconoscimento facciale, ma anche il controllo preventivo. Sono in grado di verificare azioni scomposte all’interno delle metropolitane e delle banchine, sanno riconoscere volti che si sono resi protagonisti in passato di atti non conformi e non idonei, come furti o cose più gravi che dobbiamo tenere d’occhio».
Dunque, telecamere intelligenti con riconoscimento facciale in grado – anche – di riconoscere i tratti fisionomici di persone che hanno commesso, in precedenza, degli illeciti. Al netto di questa indicazione che non rappresenta un’idea geniale – visto che chi ha precedenti penali e ha espiato la sua pena non può essere considerato “attenzionabile” – il problema di tutto ciò è rappresentato da un dettaglio: il riconoscimento facciale in Italia è vietato.
Riconoscimento facciale in Italia, la moratoria che lo blocca
Lo è dal dicembre del 2021, quando il Parlamento ha dato parere positivo al dl Capienze in cui era stato inserita anche la moratoria sul riconoscimento facciale in Italia, con Filippo Sensi primo firmatario (qui la nostra intervista sulla sua proposta, poi diventata legge). Quella moratoria era in scadenza il 31 dicembre del 2023 e il testo approvato dal Parlamento (e pubblicato in Gazzetta ufficiale) è piuttosto chiaro:
«In considerazione di quanto disposto dal regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, nonché dalla direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, e dell’esigenza di disciplinare conformemente i requisiti di ammissibilità, le condizioni e le garanzie relativi all’impiego di sistemi di riconoscimento facciale, nel rispetto del principio di proporzionalità previsto dall’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, l’installazione e l’utilizzazione di impianti di videosorveglianza con sistemi di riconoscimento facciale operanti attraverso l’uso dei dati biometrici di cui all’articolo 4, numero 14), del citato regolamento (UE) 2016/679 in luoghi pubblici o aperti al pubblico, da parte delle autorità pubbliche o di soggetti privati, sono sospese fino all’entrata in vigore di una disciplina legislativa della materia e comunque non oltre il 31 dicembre 2023».
31 dicembre 2023. Dunque, sembra che quella moratoria sul riconoscimento facciale in Italia sia scaduta alla fine dello scorso anno. In realtà, nei mesi scorsi è arrivata la proroga.
La proroga
Nell’estate del 2023, infatti, il Parlamento ha approvato la proroga della moratoria (diventata legge) sul riconoscimento facciale, posticipandone la scadenza al 31 dicembre del 2025. Dunque, una settimana dopo la fine del Giubileo. Non è possibile, dunque, installare quelle telecamere “intelligenti” citate dall’assessore Patanè nel corso della recente audizioni delle Commissioni riunite. A meno che non arrivi un parere positivo da parte del Garante Privacy. Si tratta di un’ipotesi peregrina (per usare un eufemismo), visto che l’Autorità si è già pronunciata in passato (più o meno recente) sull’utilizzo di queste tecnologie.