Il Garante Privacy ha già bocciato i tentativi precedenti di riconoscimento facciale

L'Autorità si è espressa, con parere negativo, in due occasioni

09/05/2024 di Enzo Boldi

È illegale, ma c’è la possibilità di ottenere una deroga. Le norme vigenti in Italia sul riconoscimento facciale nei luoghi pubblici, fanno riferimento a quella moratoria (diventata legge) che è stata prorogata fino al 31 dicembre del 2025. All’interno del testo, viene spiegato che l’installazione e l’utilizzo delle cosiddette “telecamere intelligenti” è sospeso fino «all’entrata in vigore di una disciplina legislativa della materia». Una legge specifica che ancora non c’è, ma questo vuoto sarà colmato (per fare un esempio) dall’entrata in vigore AI Act, il Regolamento Europeo sull’intelligenza artificiale. Il Comune di Roma – che ha annunciato, attraverso le parole dell’assessore alla Mobilità, Eugenio Patanè, l’intenzione di installare questi strumenti all’interno delle stazioni metro – ha solo una carta in mano: una deroga da chiedere al Garante per la Privacy. Una carta che, visti i precedenti, ha la forma di un due di picche.

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Una missione impossibile. La moratoria presentata all’inizio del 2021 da Filippo Sensi e diventata legge alla fine dello stesso anno, infatti, non prevede deroghe. I Comuni, però, possono provare a chiedere un’autorizzazione all’utilizzo di telecamere intelligenti dotate di sistemi di riconoscimento facciale, all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali. Un’opportunità che, stando alla storia recente del nostro Paese, sembra non avere reali possibilità di successo.

Riconoscimento facciale, le bocciature del Garante Privacy

Due sono i precedenti che ci hanno fatto arrivare a questa conclusione. Il primo risale al 2019, quando l’amministrazione comunale di Como installò alcune telecamere all’interno degli spazi pubblici del parco di via Tokamachi. Nel febbraio dell’anno successivo, il Garante Privacy intervenne bocciando questa iniziativa, dichiarandola illegittima. Stesso discorso nel 2021, quando un’iniziativa simile venne messa in campo dal Comune di Udine. Con lo stesso risultato: bocciato. Dunque, appare improbabile che si vada in una direzione diversa per quel che riguarda il Comune di Roma in vista del Giubileo 2025.

E c’è anche un altro precedente, sempre risalente al 2021. All’epoca, fu il Ministero dell’Interno a paventare l’ipotesi di utilizzare il riconoscimento biometrico in Italia per le operazioni di polizia, attraverso il sistema sistema Sari Real Time. Nel suo parere, l’Autorità ha spiegato:

«Va considerato, in particolare, che Sari Real Time realizzerebbe un trattamento automatizzato su larga scala che può riguardare anche persone presenti a manifestazioni politiche e sociali, che non sono oggetto di “attenzione” da parte delle forze di Polizia. Ed anche se nella valutazione di impatto presentata il Ministero spiega che le immagini verrebbero immediatamente cancellate, l’identificazione di una persona sarebbe realizzata attraverso il trattamento dei dati biometrici di tutti coloro che sono presenti nello spazio monitorato, allo scopo di generare modelli confrontabili con quelli dei soggetti inclusi nella “watch-list”. Si determinerebbe così una evoluzione della natura stessa dell’attività di sorveglianza, che segnerebbe un passaggio dalla sorveglianza mirata di alcuni individui alla possibilità di sorveglianza universale». 

Tre indizi che fanno una prova. L’unica carta che può estrarre il Comune di Roma dal suo mazzo è un due di picche.

AGGIORNAMENTO DELLE 12.45

Il Garante per la Protezione dei Dati Personali, ha chiesto al Comune di Roma una richiesta di informazioni su quel che sta succedendo.

 

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