Su Telegram gli utenti condividono nudi di donne senza il loro consenso: l’inchiesta della BBC e la situazione in Italia
Secondo un'indagine della BBC, centinaia di canali e gruppi Telegram condividono e diffondono immagini e video di donne nude senza il loro consenso. In Italia la situazione non è da meno
Secondo un’indagine della BBC, la piattaforma Telegram viene utilizzata per diffondere foto intime di svariate donne con il fine di svergognarle e ricattarle. L’inchiesta del network britannico sul revenge porn su Telegram ha avuto ampia diffusione.
Tante le esperienze di donne che si sono raccontate, superando l’imbarazzo e la vergogna, con l’unico fine di denunciare l’accaduto e far cessare questo terribile fenomeno di cui sono vittime molte persone. Sara, nome di finzione per tutelare la sua identità, in un solo istante ha visto una foto che la ritraeva nuda condivisa migliaia di volte su Telegram. Insieme alla foto, erano stati diffusi anche i suoi canali Instagram e Facebook, così in breve tempo ha ricevuto tanti messaggi da parte di sconosciuti che le domandavano di condividere con loro ulteriori fotografie. Sara, purtroppo, non è l’unica vittima di revenge porn.
Leggi anche > L’arbitra vittima di revenge porn che denuncia pubblicamente su Instagram
L’inchiesta della BBC smaschera i lati oscuri di Telegram
«Mi hanno fatto sentire come se fossi una prostituta perché [credevano] che avessi condiviso foto intime di me stessa. Significava che non avevo valore come donna», dichiara Sara alla BBC. Inevitabili le drammatiche conseguenze nella sua vita personale, perché ora Sara ha paura di uscire di casa: «Non volevo uscire, non volevo avere alcun contatto con i miei amici. La verità è che ho sofferto molto».
Purtroppo la storia di Sara non è l’unico caso di molestie sessuali tramite i social. L’inchiesta della BBC ha messo in luce, in mesi di indagini, che su molti canali e gruppi Telegram migliaia di immagini e video di donne nude vengono diffuse dagli iscritti senza il loro consenso. E ciò accade in almeno venti paesi. La piattaforma, tuttavia, pare non aver compreso il problema e, infatti, non ci sono prove che lo stia affrontando per risolverlo.
Nigar è un’altra donna che ha subito molestie via social e anche lei, intervistata dalla BBC, ha dichiarato di aver scoperto online un video che la ritrae mentre fa sesso con il marito; video che è stato anche inviato alla sua famiglia: «Mia madre ha iniziato a piangere e mi ha detto: C’è un video, mi è stato inviato». Nigar aggiunge: «Ero devastata, assolutamente devastata». Qualsiasi sia la motivazione che spinge certi individui a diffondere video e immagini privati di donne, è ingiustificabile, anche perché gli effetti su queste ultime sono terribili: «Ti guardano come se fossi una disgrazia. (…) Non riesco a riprendermi. Vedo i terapisti due volte a settimana», conclude Nigar.
Nigar e Sara hanno tempestivamente provveduto a segnalare l’accaduto a Telegram, ma la piattaforma non ha fornito loro alcuna risposta. L’inchiesta della BBC ha interessato diciotto canali Telegram e ventiquattro gruppi tra Russia, Brasile, Kenya, Malesia.
Qual è, invece, la situazione in Italia?
Secondo il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, nel nostro paese in più dell’80% dei casi la condivisione e diffusione di video e immagini intimi hanno come vittima una donna.
Tante le testimonianze di vittime di revenge porn: «Sono una vittima di revenge porn old school, infatti la mia sofferenza è stata causata unicamente dal passaparola: nel 2009 avevo 12 anni (era l’estate tra la prima e la seconda media) e mi vedevo con un ragazzino di 15 anni che ha abusato di me più volte», racconta Elisa a Vanity Fair: «Quando gli ho detto che non lo volevo più vedere lui ha raccontato in giro quello che mi aveva fatto (facendo passare il tutto come se fossero cose che io avevo fatto a lui) e siccome vengo da un piccolo paese di provincia, tutte le persone nel mio range di età in breve hanno saputo».
Elisa non è l’unica, perché il caso di Carolina è ancora più drammatico: «Le parole fanno più male delle botte». Con queste parole, Carolina Picchio, una ragazzina di quattordici anni, dice addio al mondo e si toglie la vita. Era il gennaio 2013 e ancora non si parlava di revenge porn, ma Carolina venne filmata in stato di incoscienza mentre alcuni suoi coetanei abusavano del suo corpo mimando atti sessuali.
Sono passati tanti anni ma il fenomeno è sempre più diffuso. Desta così tanta preoccupazione che l’anno scorso, in occasione dell’8 marzo, il Garante della privacy italiano, collaborando con Facebook e Instagram, ha creato un canale per denunciare le proprie immagini condivise da altri senza consenso.