L’arbitra vittima di revenge porn che denuncia pubblicamente su Instagram

Diana Di Meo ha scelto di comparire a testa alta sul suo profilo per dare coraggio alle altre ragazze e donne che sono vittima di revenge porn

22/01/2022 di Ilaria Roncone

Al già mastodontico libro che parla di episodi del genere in Italia aggiungiamo un altro capitolo: il caso di revenge porn Diana Di Meo. La giovane donna ha 22 anni, vive a Pescara, studia all’università e fa l’arbitra di calcio nella sezione di Pescara. Il suo profilo Instagram è seguito da circa 66 mila persone e proprio tramite questo Di Meo ha deciso di denunciare quanto le è accaduto, raccontando i dettagli di una vicenda sulla quale le autorità stanno già indagando e ricordando a chi fa girare determinato materiale (in questo caso i video Diana Di Meo) senza il consenso di chi viene ripreso commette un reato per il quale dovrà essere punito.

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Caso revenge porn Diana Di Meo, la denuncia pubblica

Il revenge porn è un fenomeno in decisa crescita – come ci raccontano i dati relativi all’Italia nel 2021 – e non sempre tutte le donne e le giovani ragazze coinvolte hanno il coraggio e la voglia di denunciare quanto accade. L’arbitra Diana Di Meo ce l’ha fatta e ha deciso di parlare pubblicamente in un video di quanto accaduto, ricevendo – come ci tiene a sottolineare – la solidarietà di moltissime persone tra cui dell’attrice pornografica Priscilla Salerno. A raccontare cosa sia effettivamente successo è Di Meo Stessa e il copione è simile a quello che abbiamo già sentito.

 

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Un post condiviso da Diana Di Meo (@dianadimeo_)

Nel copy abbinato al video la giovane donna dà, prima di tutto, la definizione di revenge porn (qualcosa che troppe persone continuano a fare non essendo consapevoli, per scarsa empatia e per mancata istruzione, degli effetti che un atto del genere può avere nella vita di una persona). «Io sono qui a parlarne, molti di noi non riescono a farlo e si nascondono – scrive la giovane donna – Spero di dare voce a tutte quelle vittime che vengono colpevolizzate, quando in realtà il colpevole è dall’altra parte dello schermo, che riprende o ‘si limita’ a condividere». Non manca di sottolineare che si tratta di qualcosa che può accadere a chiunque e che non è mai colpa di chi lo subisce.

La fondamentale importanza di ricordare che il colpevole è quello dietro lo schermo

La giovane donna ha raccontato che, oltre a tanta solidarietà, ha letto anche di commenti che le vanno contro e fanno di lei la colpevole ma che non si lascia piegare da questo tipo di meccanismo. «Stanno girando miei video privati su Telegram e Whatsapp, video non condivisi da me e alcuni fatti a mia insaputa – esordisce Di Meo sul suo profilo Instagram – Ho sporto denuncia alle autorità, che stanno rintracciando i colpevoli». In casi come questo per colpevoli si intende che ha girato il materiale e lo ha diffuso in rete per primo ma anche chi ne favorisce la condivisione continuando a condividerlo.

«Vi ricordo che è un reato da Codice Rosso (la legge  n. 69 del 19 luglio 2019 che tutela delle donne e dei soggetti deboli che subiscono violenze), quindi scambiarseli anche per una sola risata è alquanto pericoloso pure per voi», prosegue l’arbitra. I video sono stati scoperti dalla diretta interessata grazie ad alcuni ragazzi che hanno condiviso con lei i gruppi Telegram e Whatsapp in cui questi video giravano (e tutti i partecipanti), oltre ai siti sui quali il materiale è stato caricato.

«Questa situazione non la auguro veramente a nessuno, ho scoperto gruppi Telegram in cui ci sono foto e video anche di altre ragazze che sto avvertendo e continuo a avvertire – conclude la giovane donna – è veramente un porcile ma io sto resistendo, non tutte le persone riescono». L’invito a chi la ascolta è quello di continuare a segnalare gruppi e persone che compiono atti di questo tipo, con l’augurio a chiunque viva situazioni di questo tipo di non provare vergogna e di avere coraggio. Nel video Di Meo fa anche riferimento al fatto che qualcuno sta provando a rubarle sia l’account Instagram che l’account Facebook.

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