Come Registro.it ha contribuito alla storia di internet in Italia | RAM – La Rete a Memoria

Anna Vaccarelli ci ha spiegato com'è nato Registro.it e perché è stata una prima volta nel nostro Paese

07/12/2022 di Gianmichele Laino

Com’è stato possibile, in Italia, collegare il marasma degli indirizzi IP associati a ciascuna pagina web con dei nomi identitari che, tra l’altro, terminano con l’ormai iconica sigla .it? Tutto è nato alla fine degli anni Ottanta, praticamente qualche mese dopo che il nostro Paese era stato collegato per la prima volta a quel grande ecosistema chiamato Arpanet, che poi sarebbe diventato internet. Anna Vaccarelli ci ha spiegato com’è nata la storia di Registro.it, l’anagrafe italiana dei siti web con dominio .it.

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Registro.it, la storia dell’anagrafe dei domini italiani raccontata da Anna Vaccarelli

«La definizione non è stata una scelta facile – ha spiegato la dottoressa Vaccarelli, dirigente tecnologo presso l’Istituto di Informatica Telematica del Cnr -: bisognava trovare un modo per far capire facilmente alle persone le funzioni del Registro. Alla fine, abbiamo stabilito che il Registro fosse l’anagrafe dei domini che finiscono con .it. È un elenco di tutti i nomi della rete che finiscono per .it, unico al mondo. La necessità che sia unico è determinata dal fatto che non ci deve essere in alcun modo confusione per i nomi del dominio che l’utente, su internet, vuole andare a ricercare».

Il suo meccanismo di funzionamento è simile a quello di un elenco telefonico: «Il registro abbina il nome a dominio che noi stiamo cercando a un codice, l’indirizzo IP, che ci permette di raggiungerlo all’interno della rete. Si tratta di un numero formato da quattro gruppi di tre cifre che vanno ciascuno da 0 a 255. Ciascuna pagina web ha un suo indirizzo IP specifico. Ricordare a memoria un indirizzo IP per raggiungere un determinato sito sarebbe un’impresa ciclopica: quindi il Registro mette in corrispondenza il nome a dominio con la rispettiva stringa di numeri, identificandola in maniera univoca. Possiamo dunque pensare al Registro anche come a una sorta di elenco telefonico dei siti web che finiscono per .it».

La rete, ovviamente, non è stata sempre quella a cui siamo abituati oggi. In passato, da esperimento militare, era diventata qualcosa appannaggio degli istituti accademici. Soltanto con il nuovo millennio si è evoluta nella direttrice odierna. Registro.it ha seguito passo dopo passo la sua evoluzione. «Nel 1987 c’era un gruppo di ricercatori attivi nel settore della rete che lavorava presso l’istituto Cnuce del Cnr. Erano gli stessi ricercatori che avevano connesso l’Italia alla rete Arpanet, successivamente diventata internet, l’anno precedente, nel 1986. Il 23 dicembre del 1987 è stato registrato il primo nome a dominio in Italia: cnuce.cnr.it. All’epoca, la rete internet era utilizzata solo a livello accademico: i primi nomi a dominio vennero registrati per alcuni anni soltanto da soggetti accademici. Con il tempo si decise di aprire il Registro anche ad altri soggetti, ma non più di un nome per ciascuno. Questa cosa è andata avanti fino al 2000: da questo momento in poi, è stato deciso di liberalizzare la possibilità di registrare i nomi a dominio. L’attività è diventata un vero e proprio servizio che viene erogato anche a fronte di un pagamento: il rapporto è gestito dal Registro verso gli utenti finali, attraverso degli intermediari, gli Internet Service Provider».

Al momento, il contatore messo a disposizione da Registro.it sul suo sito web segnala 3.472.308 nomi a dominio. Oggi questo portale rappresenta una pietra miliare nella storia di internet in Italia: «È stato importante perché ha consentito, come è successo anche per gli altri Registri, la possibilità di intervenire sulla rete in tempi stretti per la costruzione di un sito web. Il Registro ha dato un impulso di tipo tecnico e una sensibilizzazione maggiore dal punto di vista della diffusione di questi temi a livello comunicativo: ha dato un contributo allo sviluppo digitale del Paese».

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