Quando la Svizzera mandava ai lavori forzati i figli dei poveri
30/10/2014 di Redazione
I «bambini a contratto» o verdingkinder sono una macchia indelebile nella storia della Svizzera, che ancora discute come compensare i sopravvissuti allo sfruttamento intensivo e forzato del lavoro dei figli dei poveri, protrattosi dal 1850 fino all’alba degli anni ’70.
È ORA DI PAGARE – Il parlamento svizzero freme, Guido Fluri ha ottenuto le 100.000 firme che servono per sottoporre la questione dei risarcimento ai verdingkinder a referendum, una decisione che sembra godere di ampio consenso nella società, ma che il Bundeshaus ha sempre evitato di prendere. Il referendum chiede di destinare 500 milioni di franchi ai 10.000 «bambini a contratto» che a oggi sono sopravvissuti. L’unione degli agricoltori si è detta d’accordo con la misura, a patto che non paghino gli agricoltori, i principali beneficiari dei lavori forzati ai quali sono stati destinati gli orfani e i figli dei poveri dal 1850 fino a oltre il 1970.
UNA VERGOGNA CHE TORNA DAL PASSATO – Una storia oscura, circondata da omertà e riemersa solo negli anni scorsi, che racconta di come in Svizzera i bambini dei poveri siano stati sistematicamente sottratti alle famiglie a migliaia (un dato relativo al 1930 parla di 30.000 al tempo) e mandati ai lavori forzati presso famiglie «tutrici». L’idea in teoria era quella di sottrarli alla miseria e d’insegnare loro un mestiere, ma poi i bambini finivano letteralmente assegnati all’asta nelle piazze dei villaggi e affidate a famiglie che li trattavano come forza lavoro a basso costo e non certo come figli adottivi.
QUANDO LA SVIZZERA ERA POVERA – Storie di una Svizzera povera, nella quale l’agricoltura non ancora meccanizzata aveva bisogno di braccia a buon mercato, ma i bambini finivano anche affidati a genitori che li mandavano a fare le pulizie e altri servizi nelle città. Beffa nella beffa, le famiglie d’origine pagavano quel che potevano per assicurare ai figli il miglior trattamento possibile e contribuire al loro mantenimento, senza tuttavia poterli vedere. Lontani dai genitori, invisibili ai pochi controlli degli assistenti sociali, alcuni di loro furono addirittura rapiti dai veri genitori una volta che si resero conto del destino loro riservato dalle autorità.
LA SVIZZERA ARRETRATA – Storie documentate, che la storica Loretta Seglias ha raccolto e di recente raccontato anche a BBC, che ha dedicato al fenomeno un lungo articolo, ricco di testimonianze degli ex bambini a contratt, nel quale si spiega la genesi e l’estensione del fenomeno. Storie brutte, anche se non tutte le esperienze furono tragiche, storie numerosissime di violenze fisiche e anche storie di abusi sessuali, che hanno rovinato per anni la vita di migliaia di giovani svizzeri e delle loro famiglie. Solo con l’arrivo della meccanizzazione in agricoltura e con il cambiamento culturale verificatosi negli anni ’60, gli svizzeri decisero di mandare in pensione il fenomeno, in silenzio, esaurendo lentamente il ricorso alla barbara pratica. Non che ci sia da stupirsi, la Svizzera ha concesso il voto alle donne solo nel 1971, la velocità nel prendere atto delle conquiste sociali in atto oltre le sue frontiere non è mai stata una qualità svizzera.