Il caso della canzone di Fedez su Pietro Maso e il mancato “diritto all’oblio”
La denuncia per diffamazione archiviata e quel riferimento alle "creazioni artistiche" e all'interesse pubblico
16/02/2024 di Enzo Boldi
Mentre tutti, social e giornali, si stanno occupando esclusivamente del termine “nullatenente” utilizzato da Fedez in un’udienza che risale al 2020, c’è un’altra vicenda che ha visto coinvolto il rapper di Rozzano che ha dei contorni molto meno legati al “gossip giudiziario” e molto più interessanti per quel che riguarda il panorama informativo italiano. Una denuncia per diffamazione, depositata nel settembre del 2021, da Pietro Maso contro Fedez, con riferimento a un efferato di cronaca (per cui è stato condannato il cittadino veneto) citato dal cantante in un suo brano.
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Perché questa vicenda è interessante? Ci sono almeno due piani di lettura di questo caso, soprattutto dopo la decisione del gip di Roma di archiviare la denuncia. Secondo la giudice, infatti, non si può parlare di diffamazione, in quanto il rapper ha descritto attraverso quella che è stata definita una «creazione artistica» un fatto di cronaca nera realmente avvenuto e per cui Pietro Maso è stato condannato a 30 anni di carcere (con il riconoscimento della seminfermità mentale) per aver ucciso il padre e la madre al fine di appropriarsi dell’eredità. Un delitto, avvenuto la notte del 17 aprile del 1991, perpetrato insieme a tre suoi amici. Chi da poco maggiorenne e chi, invece, ancora minorenne. E, proprio per questo motivo, è stata rigettato anche il secondo punto della denuncia dell’uomo contro Fedez: non si può applicare il diritto all’oblio.
Pietro Maso contro Fedez, l’archiviazione per diffamazione
Ma torniamo al punto di partenza. La denuncia di Pietro Maso contro Fedez parte da una canzone, un rap freestyle, scritto dal cantante di Rozzano, dal titolo “No game – freestyle”.
In una delle barre di questo brano, Fedez fa riferimento proprio al fatto di cronaca che avvenne il 17 aprile del 1991 a Montecchia di Crosara, in provincia di Verona:
«Flow delicato, pietre di raso
Saluti a famiglia da Pietro Maso La vita ti spranga sempre a testa alta Come quando esce sangue dal naso».
Questa parte di una delle strofe del brano è, secondo Pietro Maso – sostenuto in questa denuncia dall’avvocato Alessio Pomponi – una diffamazione nei suoi confronti e, all’epoca della denuncia, aveva motivato così la sua scelta:
«Le espressioni utilizzate, riferite e riferibili in maniera chiara, diretta ed esplicita al sottoscritto, indicato per nome e cognome, appaiono oggettivamente diffamatorie e non possono essere certamente ricondotte all’uso di immagini forti appartenenti al genere musicale o alla cifra artistica degli autori».
Una richiesta respinta al mittente, perché secondo la gip di Roma ha spiegato che si tratta di una «creazione artistica». Un concetto che fa riferimento a una sentenza della Cassazione e che rende inapplicabile il principio di diffamazione e, soprattutto, rende questa tipologia di contenuto non valutabile come “offensivo”.
Il diritto all’oblio
Ma c’è un’altro tema che diventa fondamentale in questa narrazione e su cui, oggi, Giornalettismo vuole proporre una riflessione e un approfondimento. La Gip di Roma, chiamata a valutare la richiesta di archiviazione fatta dai legali del rapper di Rozzano per il caso Pietro Maso contro Fedez, ha anche risposto negativamente a un’altra richiesta fatta dall’ormai 42enne veneto: il diritto all’oblio. Come riportato da Corriere del Veneto, che aveva dato in anteprima la notizia dell’archiviazione del rapper, la giudice ha respinto questa richiesta:
«Non può appellarsi al diritto all’oblio, cioè che non si parli più di lui, perché la collettività ha diritto a conoscere le notizie che sono di interesse generale «anche a distanza di molto tempo dalla commissione» del reato a causa della sua gravità e della notorietà di chi l’ha commesso».
Dunque, in questo caso il diritto all’oblio non è attuabile per “interesse pubblico”.