La pec dell’Agenzia delle Entrate non è nei registri pubblici? Possibile pioggia di ricorsi sulle cartelle

La giurisprudenza non è unanime: a volte è stata data ragione al contribuente, in altri casi l'Agenzia delle Entrate l'ha spuntata

19/08/2022 di Redazione

Si tratta di un vero e proprio lancio della monetina. Testa se ha ragione il contribuente, croce se, invece, ha ragione l’Agenzia delle Entrate. Perché c’è una sorta di vuoto normativo e giurisprudenziale che rischia seriamente di far saltare il banco per le prossime riscossioni che, dopo il periodo del Covid-19, saranno nuovamente a pieno regime. Il problema riguarda l’indirizzo PEC con cui l’Agenzia delle Entrate richiede il pagamento della cartella esattoriale. Alcuni indirizzi di posta elettronica certificata non sarebbero iscritti nei registri pubblici e, quindi, per i ricorrenti non sarebbero esistenti. Potrebbero essere – in teoria – dei tentativi di phishing. Pertanto, i contribuenti hanno presentato ricorso su questo aspetto, ottenendo – in molti casi – una sentenza favorevole. Si può comprendere benissimo, quindi, come possa rappresentare un grave ostacolo per la riscossione delle cartelle stesse.

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Pec Agenzia delle Entrate, i problemi se non viene registrata pubblicamente

Il Messaggero di oggi, nella sua edizione cartacea, ha evidenziato il problema. La legge 53/94 sulla notifica dei documenti da parte della pubblica amministrazione ha specificato che, per quanto riguarda la notifica telematica degli atti, quest’ultima deve avvenire «esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante dai pubblici elenchi». Si tratta, nello specifico, del portale INI PEC, consultabile all’indirizzo www.inipec.gov.it, che consente di accedere, senza necessità di autenticazione, all’elenco pubblico di indirizzi di posta elettronica certificata di imprese e professionisti. All’interno di questi elenchi, molti indirizzi PEC afferenti all’Agenzia delle Entrate non risultano esserci. E qui si aprono i contenziosi.

Alcuni giudici hanno dato ragione a chi ha presentato ricorso per questo motivo, altri giudici – invece – hanno ritenuto necessaria l’iscrizione nell’elenco pubblico soltanto per quanto riguarda gli atti giudiziari e non quelli relativi alle cartelle del fisco. Un bivio, quindi, che non mette al riparo in maniera definitiva né la prima versione, né la seconda versione. E che, in ogni caso, potrebbe sicuramente viziare il processo di riscossione delle cartelle.

Sarebbe sufficiente, per spazzare via ogni dubbio, iscrivere qualsiasi indirizzo relativo all’Agenzia delle Entrate all’INI PEC. O, ancora più semplicemente, utilizzare l’unico indirizzo PEC che è iscritto nel registro stesso (ad esempio, protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it risulta iscritto) per notificare gli atti. Ma in Italia, si sa, quando si parla di digitale lo sport preferito è quello di complicarsi la vita.

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