Il ritorno di Paolo Brosio che chiede le dimissioni del ministro Fioramonti
01/10/2019 di Enzo Boldi
La sua conversione è stata oggetto di molte trasmissioni, interviste e vari racconti di come sia riuscito ad uscire dal periodo più buio della sua vita trovando una sponda nella fede. Ora, dopo diversi mesi (se non anni) di silenzio, Paolo Brosio è tornato a parlare. Lo ha fatto con una lettera aperta in cui ha affrontato il tema del giorno: la proposta del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti di togliere il crocifisso dalle aule delle scuole italiane. Una presa di posizione contro cui si è scagliato ferocemente l’ex conduttore di Rai e Mediaset.
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«Ecco da chi è rappresentata la cultura italiana nel nostro Paese, da un ministro che detesta l’albero della vita per il quale nostro Signore Gesù Cristo, si è sacrificato per la salvezza di tutti i 7 miliardi di abitanti della Terra». Così scrive Paolo Brosio nella sua lettera aperta a Lorenzo Fioramonti con cui chiede – anzi, auspica – le dimissioni dopo aver espresso la volontà di togliere il crocifisso dalla aule delle scuole italiane.
Paolo Brosio chiede le dimissioni di Fioramonti
«Caro ministro Fioramonti – si legge nella lettera scritta da Paolo Brosio – dopo un’uscita del genere, farebbe bene a chiedere scusa e poi a lasciare una poltrona sulla quale si è seduto in maniera impropria, indegna perché ignora completamente la storia del suo Paese, che è intrisa di cultura, arte dei maestri di tutte le epoche e del sangue dei martiri cristiani». Un attacco frontale che appare come un vero e proprio grido di dolore.
Lo Stato laico a targhe alterne
L’attacco a Fioramonti si conclude così: «Il ministro non solo offende milioni di cattolici italiani, ma miliardi di cristiani in tutto il mondo. Non solo. Ignora che Cristianesimo significa cultura della storia delle radici dell’Italia e del mondo. Che vergogna, che tristezza, che pena». Il tutto senza mai citare il principio di laicità dello Stato Italiano, come scritto nella nostra Costituzione.
(foto di copertina: CLAUDIO ONORATI/ANSA/on)