«Pamela non si bucava, aveva il terrore degli aghi»: lo scetticismo della famiglia sulle indagini della procura

11/02/2018 di Redazione

Qualcosa non torna alla famiglia di Pamela Mastropietro sulle indagini che sta portando avanti la procura in merito alla morte della diciottenne romana, il cui corpo è stato ritrovato all’interno di una valigia. L’avvocato – e zio della vittima – Marco Valerio Verni ha manifestato più di una perplessità circa le indiscrezioni che trapelano a proposito del caso della morte della nipote. Prima fra tutte quella di un decesso per overdose.

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PAMELA MASTROPIETRO, LE PAROLE DELL’AVVOCATO

«Pamela non si bucava – ha dichiarato l’avvocato al Corriere della Sera – perché aveva il terrore degli aghi. Ogni volta che bisognava farle fare un prelievo di sangue era una lotta, bisognava tenerla ferma in tre. Eppure – continua l’avvocato – sul polso destro sono stati trovati due buchini». Secondo Verni, quindi, Pamela Mastropietro utilizzava sostanze stupefacenti che venivano introdotte o per vie nasali o attraverso il fumo. «Fumava e sniffava – ha sostenuto l’avvocato -, ma non si bucava. Dove avrebbe imparato a farlo? In comunità?».

Il dito è puntato contro tutto il sistema che, in passato come ora, sta prendendo in carico il caso di Pamela. Già nei giorni scorsi, lo zio aveva accusato la stessa comunità di recupero (dalla quale la ragazza era fuggita) di scarsa attenzione e scarsa cura nei confronti della dicottenne. Ma neanche le ricostruzioni dei magistrati convincono fino in fondo.

PAMELA MASTROPIETRO: «NON INFANGATE SUA MEMORIA»

«Che significa che le indagini sono chiuse? – si chiede Verni – Per quanto mi riguarda, può significare soltanto che i tre hanno confessato. Ma se è così, perché non ce lo dicono? Vogliamo sapere com’è andata davvero». Secondo l’avvocato, i buchi sui polsi potrebbero anche essere stati fatti in un secondo momento, una sorta di messinscena per giustificare il decesso di Pamela. Inoltre, le sue perplessità riguardano anche il luogo in cui sono stati ritrovati i trolley con il corpo della ragazza, troppo visibili: «Li hanno lasciati per farceli trovare – chiude l’avvocato -. Trecento metri più avanti e nessuno se ne sarebbe accorto. Vogliamo sapere la verità, anche perché in queste ore si sta facendo passare Pamela come una drogata all’ultimo stadio, quando invece era una ragazza border line che assumeva droghe da pochi mesi. Bisogna difendere la sua memoria, non infangarla».

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