Pablo Trincia, Veleno e la storia del podcast nell’informazione italiana | RAM – La rete a memoria

Abbiamo intervistato Pablo Trincia per discutere del podcast come strumento per fare inchiesta giornalistica. Quanto è efficace e quale è il suo futuro?

12/10/2022 di Ilaria Roncone

Veleno è il podcast che, tra il 2017 e il 2018, ha portato nelle cuffiette degli italiani la storia dei diavoli della Bassa modenese, caso di cronaca accaduto tra il 1997 e il 1998. L’audio-inchiesta è stara pubblicata a puntata sul sito de La Repubblica ed è, a tutti gli effetti, il primo podcast che ha ottenuto successo raccontando un grande caso di cronaca che riguarda il nostro paese. Abbiamo deciso – nell’ambito del nostro progetto sulla storia di internet in Italia RAM – La Rete A Memoria – di parlare con Pablo Trincia, uno degli autori di Veleno per capire in che modo il podcast ha influenzato e influenzerà la storia del giornalismo in Italia.

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Pablo Trincia: «Tutte le storie si prestano bene al formato digitale dell’audio»

Citiamo questa parte dell’intervista che Pablo Trincio ha rilasciato a Giornalettismo volendo fornire un sunto del suo pensiero. Parlando di Veleno, Trincia non ha dubbi: «Ho scelto il podcast perché era una storia che si prestava perfettamente al formato: ha bisogno di tempo per poter spiegare tutte le sfaccettature di una vicenda complessa come quella, un mezzo discreto e sostenibile dal punto di vista economico per raccontare una storia che, altrimenti, non avrebbe avuto modo di essere raccontata perché nessuno voleva – inizialmente – finanziare una serie video e quindi il podcast era lo strumento ideale ed è lo strumento ideale anche per tantissime altre storie lunghe, complesse e intricate che si prestano a una serialità».

Per Pablo Trincia la tecnologia del podcast sfruttata per l’inchiesta giornalistica non ha nessun tipo di contro: «Sono tutti pro. Sono tutti pro perché sono sostenibili economicamente da parte di chi li produce, si possono fare comprando un microfono e imparando a utilizzare un facile programma di montaggio anche se poi vanno passati nelle mani di un sound designer che sappia musicarli ma comunque risulta molto più semplice rispetto a fare una serie video e anche molto più economico. Sono uno strumento fantastico, poi, perché permettono di spiegare bene tutto, di approfondire, di entrare dentro le storie e le notizie senza problemi di palinsesto, durata, lunghezza o numero di battute di un articolo. C’è totale libertà di racconto e di possibilità di informare bene gli ascoltatori».

Ci sono storie che si prestano meglio di altre?

«Tutte le storie si prestano bene al formato digitale dell’audio, ovviamente non tutte si prestano a essere serializzate – ha spiegato il giornalista -. Per poter fare una serie bisogna avere diversi elementi: una serie di personaggi, dei colpi di scena, uno sviluppo narrativo e ci sono storie che hanno un po’ il fiato corto, altre che hanno talmente argomenti laterali di cui parlare oltre a quelli della storia che si racconta che si prestano, invece, a un racconto a più puntate dove non si crea l’effetto di ripetitività o noia che – alla lunga – rischiano di allontanare gli ascoltatori».

Un’opinione netta, quella di Pablo Trincia, che sicuramente trova riscontro in un paese in cui il podcast per informarsi e sentire storie di ogni genere viene sempre più utilizzato. L’ultimo report di Ipsos – la quarta indagine che il leader nelle ricerche di mercato ha dedicato all’argomento – parla chiaro: i dati relativi al mondo dei podcast in Italia sono ulteriormente in crescita. Nel 2022 si registra un 36% di ascoltatori di podcast in nel nostro paese (+5% rispetto al 2021), ovvero 11,1 milioni di persone che sfruttano questa tecnologia. Chi sono? Il 43% degli ascoltatori sono giovani, considerato che parliamo di persone under 35.

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