No, lo sciopero della Rai non c’è stato perché «Mattarella ha imposto ai giornalisti di dire questo, questo e questo» sul Covid

Sta circolando un audio su dei canali Telegram in cui si offre una ricostruzione fantasiosa dello sciopero di lunedì 13 settembre

18/09/2021 di Gianmichele Laino

La narrazione dei giornalisti che stanno costruendo una montatura mediatica sul coronavirus, l’interpretazione fantasiosa dello sciopero dei giornalisti della Rai dello scorso 13 settembre, l’aggiunta di dettagli non corretti relativi alla persona a cui quelle parole sono state attribuite. C’è tutto questo in un audio che circola insistentemente su Telegram e che riporta delle frasi attribuite alla giornalista Ilaria Biancalani. Quest’ultima viene presentata come giornalista della Rai, circostanza che non è vera, come dalla stessa giornalista affermato in un commento sulla sua pagina su Facebook («Io non sono una giornalista Rai. E questo è un reato per il quale ho sporto denuncia e c’è in corso un’indagine»).

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Motivi sciopero Rai del 13 settembre: non c’entra la “montatura mediatica sul Covid”

Nell’audio si offre soprattutto una ricostruzione fantasiosa relativa allo sciopero della Rai che il 13 settembre ha ingessato il palinsesto del servizio pubblico, impedendo alla prima puntata della nuova stagione di UnoMattina di andare in onda e riducendo di molto l’offerta informativa del servizio pubblico, sia nei suoi telegiornali, sia nei suoi programmi di approfondimento.

Cosa si sostiene nell’audio? Nella prima parte si allude a una presunta manipolazione dell’informazione da parte delle istituzioni statali: «Allora – dice la voce -, se tu fossi in un sistema di informazione per cui ti hanno detto “Guarda, tu puoi vedere una certa realtà, ma una certa verità non la devi dire. Noi abbiamo l’ordine dal Governo, dal Capo dello Stato, da Draghi, dal Presidente del Consiglio e dal Capo dello Stato Mattarella: devi dire “questo, questo e questo” e basta! Alle manifestazioni no-vax erano un milione e mezzo in piazza a Roma o a Milano? Devi dire che erano 450 persone”». Nella seconda parte, si collega questo aspetto allo sciopero della Rai: «Arriva un crollo. E questo crollo non lo ha avuto un singolo giornalista, non l’hanno avuto due giornalisti: è arrivato all’improvviso, e l’hanno avuto così tutti insieme, e in una maniera così repentina, da non permettere alla rete di effettuare una programmazione alternativa a quella che era il palinsesto della giornata. Per questo la rete ha mandato repliche di programmi, veramente quando non c’era nessuno, cose assurde». Nell’audio si dice anche che i giornalisti «si sono stufati di stare al gioco del Governo, perché c’è una deontologia che ti impone di dire sempre la verità e riportare i fatti reali, si sono stufati e probabilmente hanno detto: “Basta! Adesso noi vogliamo dire la verità!”».

Le vere motivazioni dello sciopero Rai del 13 settembre

In realtà, lo sciopero dei giornalisti Rai non è stata un’azione causata da un crollo psicologico improvviso, ma una manifestazione programmata sin dal 18 agosto. Una manifestazione collegata alla distribuzione delle mansioni in Rai, alle condizioni dei lavoratori, all’eterna dicotomia tra risorse interne e figure esterne. Nelle motivazioni ufficiali si parla di «grandi criticità nella gestione del personale, dipendenti troppo spesso considerati come un costo e non come una risorsa, formazione approssimativa, inefficace o assente, incentivi all’esodo e blocco del turn over che hanno svuotato di personale il settore produttivo ed editoriale delle sedi regionali, centri di produzione, redazioni, in radio e nelle reti e, non ultimo, importanti professionalità ormai perdute a vantaggio di costosi appalti». Nulla di tutto questo è presente nell’audio che si inserisce, come si diceva, in quella narrazione della stampa asservita alle istituzioni e docile nel voler dare per forza indicazioni drammatiche sulla pandemia di coronavirus.

Molte persone hanno condiviso l’audio, la giornalista di cui si fanno le generalità ha smentito sui suoi canali social, ma comunque resta questo assurdo pregiudizio nei confronti dell’informazione, che abbatte la fiducia del pubblico nei confronti dei giornalisti e mette in dubbio qualsiasi tipo di notizia, arrivasse anche da fonti assolutamente verificate. La mistificazione della realtà propone sempre una faccia della medaglia alternativa, pur basata su ricostruzioni del tutto fantasiose. Ecco quello che succede quando si presta fede a un audio che chiunque avrebbe potuto diffondere su WhatsApp e non a del materiale informativo prodotto da professionisti.

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