Morte nel pomeriggio

Ha pregato per due ore. A raccomandarsi l’anima al Signore. Quello di sopra. Che quello di sotto gli ha già garantito vaglia e protezione per chi resta. E’ la regola. Se uno rispetta, ha diritto. Se sbagli, tu da solo paghi, la tua famiglia è salva. L’affranchi tu col tuo comportamento. Con il rispetto che dai alla punizione. Al prete ha detto che stava lì per l’adorazione. Meglio quello che aspettare in cella. Con gli amici. Quelli che l’avrebbero scortato. Come lui con Nanninella. A’ Nanninella, uno spione. O forse no. In fondo chissà che aveva fatto. In fondo pure a lui, ora. Il carteggio ritrovato una scusa della qualunque. Anche lui adesso sapeva che pure nella rivoluzione si muore per altri motivi. Non quelli veri, altri. A ‘Nanninella, nu’brav’omme. Almeno gli sembrava ora.

Antonino gli aveva fatto da scorta, boia e confessore. Ora gli faceva idealmente da compagno. Quasi le sedici, mancava nulla. E tra poco sarebbe morto. Dopo aver pregato per due ore. Troppo ? No. Agli adulti si, agli adulti serve. Fosse stato un bambino allora. Gli adulti devono prima capire che ci fanno là. I bambini no .

Alla riunione era passato pure O’Nirone, l’ala legalitaria della rivoluzione dei camorristi proletari. Lui da bambino era andato a scuola e poi il latino, il greco, la cultura. E con tutta la cultura stava lì. A dimostrare, diceva o sicuramente pensava il Professore, che quella dell’ignoranza come molla è roba andata. Che i soldi sono una cosa e il classico un’altra. Che l’umanesimo non paga. Per l’Organizzazione era il principe erede della perfezione, il riscatto sociofisico materializzato. Serviva uno che parlasse bene, almeno in italiano, uno che si presentasse conosciuto l’aoristo e tutti i tempi giusti. In società. Dove i Cuomo e quelli come Cuomo grazie al Professore sarebbero arrivati. Da padroni, e non più con la mano tesa. Antonino semplicemente non aveva fatto a tempo. Da bambino lui al massimo quando era sole così come quel pomeriggio non portava libri ma o il coltello o il pallone. Ma questo non significava. Suo figlio avrebbe fatto, con l’aiuto e’Dio e d’o Prufssor. E andiamo, va.

A’nanninella però era morto più male. Si deve dire. Aveva scontato il tormento, cioè un po’ di Purgatorio che il Professore gli aveva inferto giustamente. Era stato gli ultimi suoi giorni in vita nella vecchia cella di fronte quella dove stavano quelli che stavano ancora nelle grazie del Signore. Nanninella non doveva solo aspettare e accettare la condanna a morte. Doveva meritarsela comunque, di morire solo lui. E per questo si doveva sbattere, doveva gridare, soffrire.

Nanninella sapeva di morire uguale ma se non implorava e si umiliava moriva pure qualcun altro. E allora doveva sopportare. E dire grazie. Antonino il morto che cammina preferisce pensare a questo, a qualcosa, mentre sta entrando nel cortile e vede intorno a sé tutti girare. Grazie. Come Nanninella. Lui lo sapeva mentre lo teneva fermo che lo faceva così, soltanto per amore, e allora non lo teneva troppo che tanto era inutile mentre quello per paura che gli altri se ne accorgessero strillava forte grazie, pisciavano sulla foto della madre, e lui grazie, non lo facevano dormire e grazie. La prima coltellata, finalmente, grazie.

Alle 16 del pomeriggio, Cuomo è un uomo morto.

Il sole pietoso negli occhi, ad accecarlo, che hanno portato, il coltello o il pallone.

L’urlo con il professore affacciato sulle sbarre. Che lo guarda. L’ultimo onore.

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