Matteo Renzi lascia il Pd: «Voi la chiamate scissione, io la chiamo novità»

Questa settimana nasceranno già i gruppi autonomi: la scissione del Partito democratico è realtà. Matteo Renzi non ha dato ascolto alle voci che si appellavano all’unione e alla solidità, nemmeno quando a parlare era proprio il segretario Nicola Zingaretti, con cui spiega non esserci affatto problemi personali. Lo strappo è stato fatto e a Repubblica Renzi spiega che «sarà un bene per tutti». A seguirlo saranno una trentina di parlamentari.

Matteo Renzi lascia il Pd: «Voi la chiamate scissione, io la chiamo novità»

Secondo Matteo Renzi, lo stesso Giuseppe Conte gioverà di questo strappo, allargando la sua base del consenso parlamentare. Pare lo avesse rassicurato già ieri sera, a oggi ormai quasi fatti, scrivendogli di non temere e che l’appoggio al governo sarebbe rimasto. «Abbiamo fatto un capolavoro tattico mettendo in minoranza Salvini con gli strumenti della democrazia parlamentare» spiega Matteo Renzi nell’intervista rilasciata a Repubblica, aggiungendo però che la divisione interna del Pd, «organizzato scientificamente in correnti», non può far fronte all’emergenza del «populismo cattivo» che permea la società. Il partito che amava, continua Renzi, era quello nato come «una grande intuizione di un partito all’americana», ma si è ridotto ad essere una aggregazione di correnti diverse che finiscono per indebolirlo.

A spingere Matteo Renzi verso la porta di uscita del nazareno è «la mancanza di una visione sul futuro», e preferisce scendere nelle piazze, nelle scuole, nelle fabbriche, «ovunque» per fare comitati: «Non posso farlo se tutte le mattina devo difendermi da chi mi aggredisce in casa mia». Il governo ne potrà trarre beneficio perché, continua a spiegare a Repubblica, il Pd potrà occuparsi dei temi seri e importanti, invece che di Matteo Renzi. «La guerra voglio farla a Salvini, non a Zingaretti» chiarisce.

E per questo la «scissione» Matteo Renzi preferisce chiamarla «novità», e chiarisce che non ci sarà spazio all’odio o al rancore alla Leopolda. «Quando una storia finisce, finisce – dice a Repubblica – Restiamo amici, se vi va. Ma anche se non vi va, per noi non sarete mai nemici».

Il nome del nuovo partito è ancora Top Secret, ma emerge un dettaglio: «Teresa Bellanova sarà la capo delegazione nel governo». Il progetto di Renzi è creare una «casa» che ospiti innovazione, tecnologia, femministe e millennials, per portare l’Italia verso un nuovo capitolo di progresso e lontano dal populismo e dalle pugnalate alle spalle. Il simbolo verrà presentato durante la prossima Leopolda, ma il nuovo partito, la «nostra Casa», non si candiderà né alle regionali né alle comunali, almeno per un anno: l’appuntamento sono le prossime elezioni politiche «sperando che siano nel 2023» e poi le Europee del 2024.

(Credits immagine di copertina: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

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