Facebook sa che i politici manipolano i cittadini e lo permette

L'inchiesta del Guardian che rivela come Facebook sia a conoscenza degli abusi perpetrati dai politici ma agisca limitando solo quelli che potrebbero avere una forte eco mediatica

12/04/2021 di Ilaria Roncone

Facebook è nei guai e ad avercelo messo e il The Guardian tramite un’inchiesta che rivela come il social di Zuckerberg abbia consentito ai leader politici di manipolare e ingannare i cittadini e di molestare gli oppositori sapendo quello che stava succedendo. I tentativi di manipolazione ci sono stati in tutto il mondo ma Facebook, come rivela la documentazione del The Guardian, ha trattato solamente quelli mediaticamente rilevanti. Accade così che il contrasto alla manipolazione politica su Facebook ci sia stato in paesi come Stati Uniti, Corea del Sud, Taiwan, Polonia e – più in generale – tutti i paesi ricchi. Tutti i casi di manipolazione politica Facebook segnalati – e quindi perfettamente noti a chi ha potere decisionale all’interno dell’azienda – che invece riguardavano paesi poveri e del terzo mondo sono stati ignorati (di vedano Iraq, Mongolia, Messico, Afghanistan e molti paesi dell’America Latina).

LEGGI ANCHE >>> Zuckerberg è sinonimo di Facebook e nel 2020 sono stati spesi 23 milioni di euro per la sua sicurezza

Manipolazione politica Facebook: quello che il social ha permesso che accadesse

A fare importanti rivelazioni alla giornalista che ha scritto il pezzo per il The Guardian è stata una ex data scientist di Facebook, Sophie Zhang, che lavorava nel reparto “integrità” dell’azienda al fine contrastare la condotta scorretta. La morale della favola è che ci sono moltissimi comportamenti scorretti di cui Facebook è a conoscenza e rispetto ai quali non agisce perché non comportano «danno per le pubbliche relazioni». «A sopportare il costo di questi comportamenti non è Facebook, però, ma il mondo nel suo insieme», ha spiegato l’ex impiegata di Facebook.

Zhang ha più volte portato ai piani alti prove di questi comportamenti illeciti, invitando ad agire in maniera tempestiva rispetto all’abuso dilagante di Facebook da parte dei politici in tutto il mondo, ma il risultato è stato l’essere licenziata nel settembre 2020 per scarso rendimento. Lasciando Facebook la donna ha scritto una nota – pubblicata da BuzzFeed News – nella quale accusava l’azienda di non essere capace di fronteggiare questi abusi sulla piattaforma «da parte di governi nazionali stranieri su vasta scala per fuorviare i propri cittadini». Zhang ha parlato al Guardian con lo scopo di forzare Facebook a venire allo scoperto e ad agire.

«Non puoi rimediare a qualcosa se non sai che esiste»

Questo il punto focale della dichiarazione di Zhang sulla manipolazione politica Facebook: «Il social non ha incentivi ad affrontare questo problema, tranne la paura che qualcuno possa trapelarlo e fare un gran clamore, che è quello che sto facendo». Il social si può smarcare facilmente da qualsiasi accusa, basta dire che di questi abusi non ne era a conoscenza: «Non puoi rimediare a qualcosa se non sai che esiste», ha spiegato l’ex dipendente.

Facebook, ovviamente, ha ribattuto tramite un portavoce affermando di essere «fondamentalmente in disaccordo con la caratterizzazione delle nostre priorità e dei nostri sforzi per sradicare gli abusi sulla nostra piattaforma da parte della signora Zhang», volendo invece sottolineare il loro lavoro per eliminare almeno 50 «reti nazionali che operavano in paesi di tutto il mondo, compresi quelli in America Latina, Medio Oriente e Nord Africa e nella regione dell’Asia Pacifico».

Come capire se un politico sta manipolando i cittadini

Zhang ha fatto vari esempi parlando con il Guardian, citando Juan Orlando Hernández – presidente dell’Honduras -. Il suo staff, nel 2018, è stato coinvolto nella creazione di pagine fittizie per aumentare l’engagement sotto i suoi post. Una vera e propria folla falsa. Attualmente, invece, queste scappatoie lasciate da Facebook vengono utilizzate in Azerbaigian allo scopo di riempire di commenti molesti i post degli organi di stampa indipendenti e degli oppositori.

Questo è il caso di Azad Soz, una pagina di news sull’Azerbaigian che ha parlato di alcuni attivisti finiti in carcere per otto mesi per aver criticato alcuni politici. Il post è stato commentato da più di mille persone e la maggior parte era a supporto del governo. Analizzando le persone che hanno interagito con il post è venuto fuori come – a partire dal primo che ha commentato – si tratti di pagine e non di persone. Il primo commento appartiene a una pagina creata appena due settimane prima. Ogni persona, come ben sappiamo, può avere quante pagine vuole su Facebook utilizzando come foto profilo quelle di altre persone. Dei primi 301 commenti individuati e ben 294 sono di pagine che vogliono sembrare persone. Et voilà, ecco fatto.

Share this article
TAGS