La salute mentale nel mondo è in crisi e le piattaforme digitali devono fare la loro parte

In troppi casi mancano policy ben definite su autolesionismo e suicidio, che in un periodo come questo possono fare la differenza

09/04/2021 di Ilaria Roncone

A più di un anno dall’inizio della pandemia una cosa appare chiara: la nostra salute mentale ne sta risentendo pesantemente. I dati parlano se si considera che, secondo Nature, nel Regno Unito il numero di persone che mostrano sintomi di depressione da marzo a giugno dello scorso anno è quasi raddoppiato. Volendo rimanere in casa, la situazione in Italia è simile: la Società Italiana di Psichiatria (SIP) ha chiarito che la pandemia si sta facendo sentire a livello di salute mentale con un aumento di insonnia, depressione ma anche di disturbi psichici più gravi. In tutto questo una nuova ricerca di Stanford ha confermato che molte delle grandi piattaforme tecnologiche non hanno pensato in alcun modo di regolarsi considerando questa generica crisi salute mentale pandemia nel mondo.

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Piattaforme digitali e salute mentale pandemia

Sempre secondo Nature, l’isolamento prolungato a cui siamo costretti ha fatto aumentare le interruzioni del sonno, l’utilizzo delle droghe e di alcol, l’aumento del peso (quindi anche conseguenze fisiche). Quello che le grandi piattaforme digitali non hanno fatto – non adeguandosi ai tempi che corrono – è adattare le proprie policy rispetto ai contenuti che trattano di autolesionismo e suicidio.

Lo studio dello Stanford Internet Observatory“Politiche di autolesionismo e piattaforme Internet” – ha preso in esame 39 piattaforme online andando ad indagare sul loro approccio rispetto a questa problematica. Motori di ricerca, social network, piattaforme di gioco, app per appuntamenti, app di messaggistica: molte hanno affrontato la questione in modo superficiale, altre ancora hanno ignorato del tutto il problema.

Policy autolesionismo e suicidio solo per le piattaforme più grandi

Nota di merito per Facebook, che affronta «non solo il suicidio, ma anche l’eutanasia, i messaggi delle persone che vogliono suicidarsi e i tentativi di suicidio in diretta». Nota di demerito per Instagram – che fa parte del network di Facebook, comunque – che invece mancano di riferimenti chiari su queste tematiche. Instagram, in particolare, non menziona esplicitamente nulla che riguardi la pubblicazione di biglietti d’addio, favorendo così la confusione. Se passiamo a Parler e Reddit, addirittura, sembra che non esistano policy sul suicidio e sull’autolesionismo o, se esistono, non sono pubblicate.

YouTube, Twitch e TikTok, invece, oltre ad avere delle politiche sul tema ben definite fanno anche qualcosa in più, offrendo supporto e contatti da chiamare per tutti quelli che stanno pensando all’autolesionismo o che hanno problemi di salute mentale.

Andando ad esaminare tutte queste piattaforme è emerso come solo quelle più grandi abbiano politiche ben definite – nemmeno in tutti i casi – mentre andando ad analizzare i social e le app minori la situazione cambi. Clubhouse, per esempio, non ha pubblicato la sua policy su suicidio e autolesionismo e – ancora – per la app di dating solo Grindr e Tinder hanno chiarito la loro posizione in tal senso. Diverso è il caso delle app di messaggistica, che proteggono i contenuti utilizzando la crittografia.

Perché è fondamentale che le piattaforme abbiano una policy sulla salute mentale

I ricercatori hanno spiegato che ci sono almeno tre ragioni fondamentali che rendono questo discorso fondamentale. In prima battuta, è importante che le persone sappiano in che modo e fino a che punto possono discutere di autolesionismo e suicidio online senza oltrepassare un confine. Oltre a questo, non sapere quali siano le politiche online sulla questione impedisce di lavorare per renderle più efficaci. Infine, e questo è fondamentale, viene a mancare la possibilità di suggerire agli utenti di rivolgersi a numeri di telefono, indirizzi mail, persone, organizzazioni che potrebbero dar loro una mano.

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