Mafia, camorra e ‘ndrangheta: la mappa aggiornata
01/10/2013 di Donato De Sena
Secondo l’ultimo rapporto di Sos Impresa in Italia la criminalità organizzata fattura ben 140 miliardi di euro l’anno, una somma più di cento volte superiore di quanto servirebbe allo Stato per evitare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, e di gran lunga maggiore dei ricavi di qualsiasi impresa pubblica o privata. Eppure le parole ‘mafia’, ‘camorra’ e ‘‘ndrangheta’ sembrano quasi del tutto sparite dal vocabolario della politica e dei partiti, in questi mesi alle prese con la difficile tenuta dei conti pubblici e con il problema legalità nel paese. Servendoci dell’ultima relazione semestrale del Ministero dell’Interno sull’operato della Dia disponibile in rete (relativa al periodo luglio-dicembre 2012) vi proproniamo la mappa aggiornata delle famiglie e delle cosche criminali presenti in Sicilia, Campania e Calabria. Comune per comune.
PALERMO/1 – Per quanto concerne la provincia di Palermo il rapporto del Viminale confermala configurazione organizzativa di Cosa Nostra basata su 15 mandamenti e 18 famiglie. In particolare si rileva che nell’ultimo semestre del 2012 il mandamento di San Lorenzo sembra aver definitivamente incorporato le famiglie di Cinisi/Carini, estendendo quindi la propria influenza nell’area occidentale del capoluogo, e che il mandamento Noce è stato costretto ad un forte ridimensionamento dovuto all’operazione Atropos, che ha condotto a provvedimenti cautelari nei confronti di 45 persone. Nel dettaglio in città sono presenti i mandamenti: San Lorenzo/Tommaso Natale (famiglie di San Lorenzo, Tommaso Natale, Cardillo, Pallavicino, Partanna Mondello, Zen, Capaci, Isola delle Femmine, Carini, Cinisi e Terrasini), Resuttana (famiglie di Resuttana e Acquasanta/Arenella), Passo di Rigano/Boccadifalco (famiglie di Boccadifalco/Passo di Rigano, Torretta e Uditore), Noce (famiglie della Noce, Malaspina/Cruillas e Altarello), Pagliarelli (famiglie di Borgo Molara, Corso Calatafimi, Pagliarelli, Rocca Mezzo/Monreale e Villaggio Santa Rosalia), Porta Nuova (famiglie di Borgo Vecchio, Palermo Centro, Porta Nuova e Kalsa), Brancaccio (famiglie di Roccella, Corso dei Mille, Ciaculli, e Brancaccio, nella quale viene segnalata la presenza della stirpe dei Graviano), Santa Maria del Gesù (famiglie di Guadagna, Santa Maria del Gesù e Villagrazia di Palermo).
PALERMO/2 – Fuori dalla città di Palermo la Dia segnala la presenza di 7 mandamenti: Misilmeri, già Belmonte Mezzagno (famiglie di Belmonte Mezzagno, Bolognetta, Misilmeri, Villafrati/Cefalà Diana, Santa Cristina Gela e Villabate), Bagheria (famiglie di Bagheria, Casteldaccia e Ficarazzi), Corleone (famiglie di Corleone, Godrano, Lercara Friddi, Marineo, Mezzojuso, Palazzo Adriano, Prizzi e Roccamena), San Giuseppe Jato (famiglie di Altofonte, Camporeale, Monreale, Piana degli Albanesi, San Cipirrello e San Giuseppe Jato), Caccamo (famiglie di Baucina, Caccamo, Ciminna, Roccapalumba, Termini Imerese, Trabia, Valledolmo, Ventimiglia di Sicilia, Vicari e Montemaggiore Belsito), San Mauro Castelverde (famiglie San Mauro Castelverde, Collesano, Gangi, Lascari, Polizzi Generosa, Compofelice di Roccella e Sciara/Cerda), Partinico (famiglie di Borgetto, Giardiniello, Montelepre e Partinico). La relazione del ministro dell’Interno spiega che la città di Palermo rappresenta un bacino di approvvigionamento della droga per tutta la regione. Il mercato degli stupefacenti viene gestito direttamente da personaggi contigui all’associazione mafiosa. Allo spaccio nei luoghi di aggregazione giovanile, in particolare nei quartieri della Guadagna, Falsomiele, Brancaccio e Zen, partecipano poi anche alcuni soggetti criminali nordafricani. La Dia rileva a fine 2012 un aumento di rapine, estorsioni e danneggiamenti, ed un calo dei delitti commessi per quanto riguarda usura riciclaggio ed impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.
AGRIGENTO – Nella provincia di Agrigento Cosa Nostra sembra particolarmente attiva sul fronte del controllo sulle attività economiche e dell’intercettazione dei flussi di denaro pubblico. L’organizzazione mafiosa resta fortemente unitaria e verticistica. Le famiglie, oltre alla tradizionale pratica estorsiva, continuano a manifestare interesse per la grande distribuzione, lo smaltimento dei rifiuti, la fornitura di calcestruzzo e materiali inerti, l’edilizia e gli appalti in genere. Non a caso sono nella provincia a fine 2012 stati rilevati numerosi atti intimidatori, non tutti riconducibili a matrice mafiosa, ai danni di rappresentanti delle istituzioni pubbliche o imprenditori. La mafia agrigentina risulta articolata in 8 mandamenti: Campobello di Licata (famiglie di Canicattì/Licata, Ravanusa, Camastra, Castrofilippo e Grotte, che ingloba la famiglia Comitini/Racalmuto), Giardina Gallotti (famiglie di Realmonte, Porto Empedocle, Siculiana, Lampedusa), Burigo (famiglie di Lucca Sicula, Villafranca Sicula e Caltabellotta), Ribera (famiglie di Cattolica Eraclea, Montallegro, Calamonaci), Santa Margherita Belice (famiglie di Montevago e Menfi), Sambuca di Sicilia (famiglia di Sciacca), Cianciana (famiglie di Bivona, Santo Stefano Quisquina, Alessandria della Rocca, Casteltermini, Aragona, Cammarata, San Giovanni Gemini, Ioppolo Giancaxio, Raffadali, Sant’Angelo Muxario, San Biagio Platani, Santa Elisabetta), Agrigento (famiglie di Favara, Palma di Montechiaro e Naro).
TRAPANI – A Trapani e dintorni l’organizzazione mafiosa conferma una struttura basata, come ad Agrigento, su un modello verticistico che facilita l’assunzione di strategie unitarie. L’articolazione resta invariata in 4 mandamenti: Alcamo (famiglie di Alcamo, Calatafimi e Castellammare del Golfo), Castelvetrano (famiglie di Castelvetrano, Campobello di Mazara, Salaparuta/Poggioreale, Partanna, Gibellina e Santa Ninfa), Mazara del Vallo (famiglie di Mazara del Vallo, Salemi, Vita e Marsala), Trapani (famiglie di Trapani, Valderice, Custonaci e Paceco). Il rapporto del Viminale sottolinea a Trapani e provincia l’assenza di spazi di competizione interni. La stabilità dell’organizzazione è legata ai fattori organizzativi, ma anche dall’incontrastata leadership di Matteo Messina Denaro, latitante numero uno di Cosa Nostra. L’approvvigionamento delle risorse necessarie al sostentamento dei gruppi criminali e alla loro imposizione sul territorio avviene prevalentemente attraverso le estorsioni agli imprenditori e l’infiltrazione nel settore degli appalti pubblici.
CALTANISSETTA – A Caltanissetta viene rilevata ancora una struttura articolata su 4 mandamenti: Vallelunga Pratameno, Mussomeli, Gela e Riesi. Il controllo della provincia spetta ancora a Giuseppe Madonia, detto Piddu, attualmente detenuto in regime di 41 bis ma che gode della fedeltà del suo circuito amicale e parentale. Il Ministero segnala nell’area un lieve aumento di danneggiamenti, incendi e rapine, ed una flessione di attentati ed estorsioni.
ENNA – La mafia ennese è caratterizzata da un livello organizzativo inferiore rispetto a quanto emerge nelle aree regionali a più radicata caratterizzazione criminale. I gruppi locali agiscono in concorrenza con le famiglie catanesi e nissene, in particolare gelesi. A fine 2012 risultavano attive le famiglie di Enna, Catenanuova, Barrafranca, Pietraperzia, Villarosa e Calascibetta. Da recenti indagini è emerso la perdita di prestigio da parte dei più anziani esponenti della famiglia di Villarosa e la contemporanea affermazione dei Nicosia. Alcuni gruppi catanesi, riconducibili al clan Cappello, avrebbero invece imposto la sostituzione del vertice della famiglia di Catenanuova per garantirsene l’affidabilità rispetto ai loro piani espansionistici.
CATANIA – La Dia registra una continua evoluzione nella provincia di Catania e più in generale nella Sicilia orientale. L‘interesse di Cosa Nostra in questa area dell’isola è rivolta soprattutto alla gestione di affari strategici, come l’aggiudicazione degli appalti, le infiltrazioni nella pubblica amministrazione e il controllo di rilevanti attività produttive nel capoluogo. Fuori dalla città alcune attività illecite secondarie, a rilevanza locale, vengono poi assegnate a strutture mafiose meno progredite, ad una sorta di clan satellite. Il rapporto del Viminale spiega che la mafia catanese, inoltre, riconosce l’autonomia di piccoli gruppi, sia in città come in provincia, «rapportandosi con essi secondo forme contrattuali di vero e proprio franchising criminale». Si rileva, in sintesi, la presenza di 7 associazioni mafiose: la famiglia Santapaola (che vede attualmente contrapposte due fazioni, capeggiate da congiunti dello storico capomafia), il clan Mazzei (che ha stipulato un solido accordo di collaborazione con il clan Cappello), la famiglia di Caltagirone (che gode di considerazione in ambienti siciliani e che estende la sua influenza al comprensorio Calatino/Sud Simeto), il gruppo Cappello (coeso con il clan Pillera e coagulato intorno a due nuclei principali operanti nei quartieri urbani di San Basilio Nuovo, San Cristoforo e Cappuccini, a Cibali e nella zona a sud della città), il clan Laudani (alleato dei Santapaola e attivo soprattutto tra Acireale e Paternò), il gruppo Sciuto Togna (in difficoltà per i numerosi alleati detenuti) e, infine, il clan Cursoti (in precedenza diviso in due articolazioni, una delle quali operante a Catania e Torino, ed una seconda nel milanese).
SIRACUSA – A Siracusa e dintorni sono quattro le organizzazioni mafiose che hanno contribuito a far evolvere le strutture criminali locali in senso verticistico. La Dia rileva la presenza nella provincia del gruppo Nardo (presente nei comuni di Lentini, Carlentini, Augusta, Francofonte e Villasmundo), clan Attanasio (contrapposto al clan Nardo-Aparo-Triglia e attivo nell’area a sud della città, compreso il vecchio quartiere di Ortigia), il gruppo Aparo–Triglia (operante nella zona centro meridionale, soprattutto nel settore del traffico di droga e delle estorsioni) e, infine, il clan di Santa Panagia (che svolge le sue attività criminali in particolare nell’area settentrionale del capoluogo e risulta collegato ai gruppi Nardo-Aparo-Trigila).
RAGUSA – In provincia di Ragusa emergono fenomeni criminali di tipo mafioso sorpattutto sul versante occidentale (nei comuni di Vittoria, Comiso e Acate), dove si risente dell’influsso esercitato dei gruppi presenti nell’area di Caltanissetta, in particolare i sodalizi gelesi. Risultano attivi elementi del clan Dominante, affiliato alla stidda, e una cellula denominata clan Piscopo, che la Dia ritiene ultimamente di diminuita capacità operativa.
MESSINA – A Messina operano gruppi delinquenziali strutturati su una forte base territoriale che, anche se privi della tradizione e delle esperienza delle organizzazioni mafiose palermitane e catanesi, evidenziano capacità di condizionare il contesto socio-economico-politico. Nella fascia tirrenica, che dal capoluogo si estende fino ai Nebrodi, si segnala il dominio del clan dei barcellonesi. Nella zona nebrodica, risultano operativi la famiglia Mistretta e sodalizi mafiosi attivi nell’area di Tortorici. Nella fascia jonica, che si estende dalla periferia sud di Messina fino al confine con la provincia di Catania, si segnala inoltre l’influenza dei clan mafiosi Cintorino e Brunetto, riconducibile alla famiglia catanese Santapaola, e il gruppo Di Mauro, legato ai Laudani, anch’essi catanesi. Per quanto riguarda l’aggregato urbano del capoluogo, emerge la compresenza di organizzazioni mafiose radicate nella fascia costiera e della ‘ndrangheta calabrese. Risultano attivi clan a competenza rionale come i Galli/Gatto del quartiere Giostra, gli Spartà di Contesse, i Ferrante/Ventura e Vadalà/Campolo di Camaro, i Mancuso di Gravitelli e il gruppo Aspri/Trovato di Mangialupi, tutti diretti dai reggenti a causa dello stato di detenzione dei leader storici.