Ma l’Olanda è davvero un paese “frugale”?

Li chiamano paesi  “frugali”,  un aggettivo che tradisce un giudizio di valore non sempre appropriato. La definizione, frutto di una traduzione a tratti maldestra, viene dal quotidiano britannico Financial Times, che già a metà febbraio aveva usato il termine inglese “frugal” per indicare i leader dei quattro paesi (Austria, Danimarca Olanda e Svezia) che si stanno opponendo all’erogazione di finanziamenti a fondo perduto nell’ambito del cosiddetto “Recovery Fund”. Gli autori del blog economico Keynes Blog si sono dedicati su Twitter a sfatare qualche luogo comune sulla cosiddetta “frugalità” dell’Olanda contrapposta, nel dibattito di questi giorni, allo sperpero economico italico. Ecco cosa ne è venuto fuori.

Bonus Bebé: in Olanda fare bambini conviene

La natalità italiana, come hanno dimostrato anche le ultime stime Istat degli scorsi giorni, è tra le più basse di sempre. Sintomo di famiglie che spesso non possono più contare sull’apporto dei nonni e di un sistema di incentivi statali non esattamente virtuoso, né all’avanguardia, se paragonato con il resto d’Europa. E in Olanda?

Nel Paese dei tulipani viene erogato un assegno familiare a tutte le famiglie senza condizione di reddito. La somma è volta a coprire una parte di spesa per i figli e viene corrisposta dallo Stato ogni tre mesi. Come ricorda il Fatto Quotidiano parliamo di incentivi non trascurabili:  201 euro al mese per ogni figlio fino a 5 anni, 244 euro per ogni bambino dai 6 ai agli 11 anni, e 287 euro per ogni ragazzo dai 12 ai 17 anni. Per le famiglie a basso reddito (e il basso reddito è identificato con un salario di meno di 113mila euro lordi annuali per chi è single e di 143mila per le coppie) è previsto anche un sussidio aggiuntivo.

Il “Reddito di cittadinanza”? Non è un’invezione pentastellata

Se usciamo dalla definizione reale di reddito di cittadinanza, ovvero di sussidio universale e incondizionato per tutti, a prescindere dalle condizioni economiche e dalla mancanza di lavoro, si può facilmente intuire che l’introduzione di un incentivo attivo dello Stato (in mancanza di occupazione) unito a un sistema di avviamento e reinserimento del mondo delle professioni, non è certo un’invenzione pentastellata, ma un sistema già attivo in Europa da decenni.


Nella fattispecie, mentre in Italia si continua a polemizzare sul reddito di cittadinanza nostrano, in Olanda il reddito di base è stato introdotto nel 1963, viene amministrato tramite la tassazione generale ed è diretto a sostenere tutte le famiglie e i singoli che non riescono a sostenersi autonomamente. Come avviene per il reddito di cittadinanza nostrano anche qui i cittadini, che ricevono l’assistenza della Stato, sono chiamati ad accettare i primi lavori utili che gli vengono offerti. Se non si attiva la ricerca attiva di occupazione, il contributo può essere ridotto o stoppato interamente.

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Olandesi formiche, italiani cicale: siamo davvero sicuri?

La narrazione degli italiani pigri e degli olandesi virtuosi in voga in questi ultimi giorni, è frenata dai dati Ocse relativi al 2019. Gli italiani hanno infatti lavorato in media, lo scorso anno, circa 1718 ore contro le 1434 ore lavorate dagli olandesi. Un dato che evidenzia, la nostra mancanza di produttività, piuttosto che la nostra pigrizia, basata su fattori chiave come scarsi investimenti in innovazione e dequalificazione costante del lavoro.

E che dire del salario minimo? Se in Italia non esiste ancora uno strumento simile, il salario minimo olandese è fissato a 1635 euro al mese, svariati euro di più della media degli stipendi italiani. Insomma, se paragonata con la nostra quotidianità, la “frugalità” olandese, resa possibile anche a svariate iniziative di “dumping fiscale” ai danni di molti altri paesi dell’Unione, assomiglia molto più alla terra dell’abbondanza che a quella della parsimonia.

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